Brexit con no deal, quindi senza accordo fra Gran Bretagna e l’Unione Europea: è questo lo scenario più plausibile al 4 settembre 2019. In questo momento il caos regna sovrano nel parlamento britannico, con il premier Boris Johnson che potrebbe a breve ufficializzare nuove elezioni visto i tumulti delle ultime ore. Intanto l’UE è uscita allo scoperto, diramando un comunicato ufficiale in merito alla possibile “hard Brexit”. A meno di otto settimane dal famoso 31 ottobre, giorno in cui Londra dovrebbe uscire dall’Europa, l’incertezza regna sovrana e la Commissione europea ha esortato i 27 stati membri dell’UE a prepararsi al peggio: “Data l’incertezza – scrivono da Bruxelles – che nel Regno Unito continua a circondare la ratifica dell’accordo di recesso concordato con il governo del paese a novembre 2018 e in considerazione della situazione politica generale in cui versa il paese sul piano nazionale, l’ipotesi di uscita senza accordo il 1º novembre 2019 resta un esito possibile, seppur non auspicabile”. La Ce aggiunge che per ridurre al minimo le possibili ripercussioni sugli scambi commerciali, le parti coinvolte dovrebbero essere consapevoli “delle loro responsabilità e delle necessarie formalità nel commercio transfrontaliero”. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
BREXIT, JOHNSON CHIEDE LE ELEZIONI
Si fa sempre più strada l’ipotesi delle elezioni anticipate in Gran Bretagna, dopo il caos Brexit delle ultime ore. Di fatto parte del partito dei Tory ha voltato le spalle al suo leader, il premier Boris Johnson, in merito alla legge presentata dai laburisti per l’uscita dall’Unione Europea con conseguente rinvio al 31 gennaio 2019. Johnson non ha preso bene questa decisione, sottolineando che non andrà a Burxelles per chiedere un altro ritardo. “Io non voglio le elezioni, il leader dell’opposizione le implora da mesi – ha quindi tuonato il primo ministro britannico – ma ora rivolgersi al popolo è l’unica strada possibile”. Secondo Boris Johnson, il parlamento non punta ad alcun accordo con l’Unione Europea, e il suo unico vero obiettivo è quello di impedire la Brexit, andando quindi contro il risultato del noto referendum popolare del 2016. Come finirà? In Gran Bretagna, ancora una volta, regna l’assoluta incertezza. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
BREXIT, BORIS JOHNSON MESSO ALL’ANGOLO DAI SUOI
Caos senza fine in seno al parlamento inglese. Nella giornata di ieri, quando le sedute sono state riaperte dopo la pausa estiva, 21 esponenti dei conservatori “ribelli”, sono stati espulsi dal gruppo parlamentare dei Tory, quello a cui capo vi è il premier Boris Johnson. Il gruppo di “rivoltosi” aveva votato in serata contro la linea del primo ministro in merito alla proposta di legge trasversale favorevole ad un nuovo rinvio della Brexit, e di conseguenza, come sottolinea l’agenzia Ansa, è stato privato del cosiddetto whip, ovvero, espulsi ipso facto dal proprio partito. La decisione non è ancora ufficiale ma è anticipata largamente dai media in queste ore, e la fumata bianca dovrebbe giungere quest’oggi. Una scelta, quella dell’espulsione del 21, che riguarderà anche alcuni big dei Tory, e che rischia di sfaldare ancor di più il partito dei Tory, ormai in pieno caso. A questo punto avanza sempre più l’ipotesi di un rinvio dell’uscita dall’Unione Europea, che dovrebbe slittare al 31 gennaio, tre mesi dopo il termine attuale del 31 ottobre. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
BREXIT, BORIS JOHNSON NON HA PIU’ LA MAGGIORANZA
Crolla la sterlina in Borsa, ai minimi storici dall’ottobre 2016 a causa di un caos Brexit che oggi più che mai rischia di esplodere con tutta la sua veemenza: il premier Boris Johnson infatti non ha più la maggioranza in Parlamento. Decisivo il cambio di casacca del conservato Philip Lee, sottosegretario conservatore passato dai Tories al gruppo LibDem. Un passaggio annunciato dalla leader Jo Swinson e che sembra prefigurare una rottura traumatica della legislatura. La coalizione Tories-Dup guidata dal premier Johnson, infatti, non dispone più della sua prevalenza alla Camera dei Comuni e l’ipotesi di elezioni anticipate al 14 ottobre balenata nella serata di ieri si fa più concreta. La maggioranza si era erosa nei scorsi mesi poggiando su un solo seggio di margine ma oggi il passaggio ai liberal-democratici di Lee, oppositore della Brexit, cambia le carte in tavola: la caduta dell’esecutivo non è automatica ma un voto di sfiducia da parte dell’aula potrebbe cambiare le cose. (agg. di Dario D’Angelo)
BREXIT, MOZIONE “ANTI-NO DEAL”: VERSO ELEZIONI ANTICIPATE?
“Giornata decisiva per la Brexit“. Quante volte in questi anni avete sentito o letto una frase del genere? Eppure quella di oggi potrebbe davvero rappresentare un crocevia importante nel percorso d’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. I riflettori sono puntati sul Parlamento, che riapre oggi dopo la pausa estiva: prima della minacciata “sospensione” da parte del premier Boris Johnson, un gruppo di parlamentari sia laburisti sia conservatori ha infatti presentato una legge “anti-no deal” che, se approvata, costringerebbe BoJo a trovare un accordo con l’UE al consiglio europeo di ottobre o in alternativa a chiedere un rinvio della Brexit, attualmente prevista per il 31 ottobre. I giornali d’Oltremanica nella serata di ieri hanno scritto che se Boris Johnson dovesse perdere questo voto parlamentare potrebbe chiedere elezioni anticipate per il 14 ottobre.
BREXIT, MOZIONE ANTI-NO DEAL IN PARLAMENTO
L’approvazione di una legge “anti-no deal” sulla Brexit potrebbe essere interpretata da Boris Jonson come una sfiducia politica del Parlamento nei suoi confronti. Ecco che allora secondo molti analisti britannici, sebbene il leader dei Tories abbia pubblicamente negato di voler chiedere elezioni anticipate, il ritorno al voto potrebbe rappresentare per BoJo l’opportunità per legittimare la sua azione politica e per presentarsi a Bruxelles imponendo di fatto una rinegoziazione dell’accordo (cosa che però l’UE da mesi smentisce categoricamente di voler fare). Johnson in ogni caso potrebbe ridisegnare la sua pattuglia parlamentare con esponenti Tories più inclini alla sua linea pro-hard Brexit, magari stringendo anche un’alleanza con il “Brexit Party” dell’euroscettico Nigel Farage. Scenari in divenire insomma, con un Parlamento che prima di essere “chiuso” vuol far valere tutto il suo peso.