Sono confessioni decisamente forti quelle di una leggenda della storia della musica come Brian May, 74enne storico chitarrista dei Queen. Intervistato dai microfoni del quotidiano Repubblica, il musicista ha parlato di Back to the light, il suo primo album da solista uscita nel 1992, clamorosamente attuale visto quanto sta accadendo in questi mesi a causa della pandemia di covid. Del resto “back to the light” vuol dire “ritorno alla luce”: “Ci ho pensato anche io, ovviamente – racconta Brian May parlando con i colleghi del quotidiano italiano – stato un periodo molto buio, siamo stati circondati dalla solitudine, dal dolore, dalla morte, abbiamo perso una parte della nostra libertà, e il sentimento di oggi è proprio quello del ritorno alla luce”. Il 6 agosto uscirà una versione deluxe di quell’album, con l’aggiunta di una serie di inediti e di alcuni live. Dopo 22 anni al fianco di Freddy Mercury, Roger Taylor e John Deacon, i mitici Queen, arrivò appunto il ritorno alla luce, una sorta di rinascita “ma più in generale quest’album è per me legato a un periodo particolarissimo della mia vita”, visto che in quel periodo, fra il 1988 e il 1991, il mondo sembrò crollare addosso a May. Oltre alla morte di Mercury e allo scioglimento temporaneo del gruppo, il chitarrista perse il padre e si separò dalla sua prima moglie.



Ed ecco da cosa ha tratto ispirazione “Too much love will kill you” (“Amare troppo ti ucciderà), brano iconico dell’album del 1992: “Parla prima di tutto a me, vedo ancora quel ragazzo di trent’anni fa e quel che aveva da dire lo voglio dire ancora. Credo di essere rimasto, per molti versi, simile a quel Brian May”. Il chitarrista ha raccontato: “Gli artisti sono persone strane, difficili. So di essere più cosciente dell’universo che ho nella mia testa rispetto a quello vero, cosa piuttosto curiosa per un astrofisico… Ma più che dal tempo e dallo spazio, la vita degli esseri umani dipende dalle relazioni, dalle emozioni, dagli amici, e tutto questo per uno come me prende la forma della musica. E’ una faccenda complessa ed è inutile negare che molte volte anche io cado a pezzi”. E poi c’è l’amore: “Alle volte non c’è niente che sia abbastanza ma l’amore è centrale, senza l’amore non sarei nulla. Mia moglie Anita, che avevo conosciuto da poco, in quel periodo divenne la mia religione, la mia fede, la connessione senza la quale non avrei potuto vivere. Da allora lo ha dimostrato più volte nella mia vita. Lei è nella mia anima e nella mia musica”.



BRIAN MAY: “L’ALBUM E’ DESTINATO ANCHE ALLE NUOVE GENERAZIONI”

E a proposito di quell’album uscito nel ’92: “E’ sempre vero che devi vedere l’oscurità per capire la luce e quelle difficoltà sono tutte intrecciate nelle canzoni dell’album. Ma c’è anche tanto humor, tanta speranza, c’è un nuovo ottimismo e si sente molto ascoltandolo oggi, è quello che lo rende ancora attuale. Sono fiero delle mie performance nell’album, mi ricordo quanta fatica ci ho messo per cantare, quanto mi sanguinavano le dita, ed ero orgoglioso di essere sostenuto da quel terremoto di Cozy Powell. La sua è stata un’altra perdita difficilissima da superare. La vita è fatta così, non appena arrivi in cima a una montagna ce n’è un’altra da scalare subito dopo”.



Ripubblicare l’album è anche un omaggio alle nuove generazioni che forse non l’hanno ascoltato 21 anni fa: “Mi piacerebbe che ascoltassero qualcosa dell’album, che potessero ascoltarlo in vinile, vivere quell’esperienza clamorosa che era mettere un album su un giradischi, sedersi e stare fermi ad ascoltare musica, prima un lato e poi l’altro, lasciandosi portare con la mente in luoghi dove non si è stati prima. Sarebbe una grandissima soddisfazione”.