In pieno lockdown, con le sale cinematografiche chiuse e i vecchi attori dei “cinepanettoni” ben oltre il viale del tramonto, ha avuto gioco facile Bridgerton a diventare la serie tv più amata dagli italiani. Senza contare il boom di vendite degli SmartTv e di nuovi abbonati alle innumerevoli piattaforme che distribuiscono contenuti in streaming.



La prima ragione del successo della serie ideata da Chris Van Dusen e prodotta per Netflix da Shondaland sta proprio nella qualità del prodotto, assai lontano dagli standard medi delle produzioni italiane. Se una puntata di una serie tv prodotta dalla Rai non supera quasi mai i 250.000 euro di budget, nel caso della serie britannico-statunitense parliamo di un plafond di oltre 5 milioni a puntata. 7.500 vestiti, ricostruzioni perfette, balli e orchestre come mai visti, centinaia di comparse, esterni girati nelle favolose residenze inglesi, insomma una produzione in grande stile.



Del resto doveva dare il massimo la casa di produzione fondata da Shonda Rhimes (per intenderci la produttrice di Grey’s Anatomy), che ha siglato da qualche anno un contratto esclusivo con Netflix. Bridgerton è stata la prima produzione globale, e la prima resa disponibile contemporaneamente in oltre 30 Paesi.

La trama è molto semplice ed è tratta dal best-seller di Julia Quinn. Ambientata nei primi anni dell’800 in piena epoca della “Reggenza” (gli anni in cui Giorgio III fu dichiarato incapace di regnare e sostituito per decreto dal figlio), racconta la vita della famiglia Bridgerton, che annovera una grande casa al centro di Londra e un modesto titolo di visconti. Nel tradizionale ballo delle debuttanti esibiscono la loro primogenita (Daphne, interpretata dalla graziosa Phoebe Dynevor) che nel panorama assai deludente delle coetanee viene nominata dalla regina Carlotta (interpretata dall’attrice di colore Golda Rosheuvel) “diamante di stagione”. Inizia così – tra pettegolezzi e invidie – la corsa al marito più ricco e potente. L’arrivo a Londra del tenebroso Simon Basset, divenuto da poco duca di Hastings, sconvolge i piani delle ricche famiglie e della stessa regina, che vorrebbe imparentare il “diamante” con qualche giovane della sua discendenza. 



Molto lontano dalla trama sofisticata e ricca di messaggi storico-sociali di Downton Abbeya cui però viene spesso paragonata, Bridgerton è un leggero e divertente racconto di una società dedita quasi esclusivamente all’organizzazione di feste, a nuovi vestiti da acquistare, a matrimoni da combinare. Ma la trama – pur così lontana dal pubblico adulto delle serie tv – acquista un diverso valore se letta come un’ardita ricostruzione di un periodo particolare della storia inglese, segnato da apertura culturali e da nuovi costumi (sono gli anni dei dandy), e soffocato poi da oltre 70 anni di restaurazione “vittoriana”. Per questo non solo non scandalizza la presenza di nobili di colore – anche il fascinoso duca di Hastings è interpretato dall’attore nero Regé-Jean Page, nato in Zimbabwe – e di una supremazia quasi totale del genere femminile. Siamo nel mondo fantastico di Shonda Rhimes, che ha spinto più di ogni altro produttore sulla parità di genere. Il tutto condito da una delicata storia di amore, ma anche dalla scoperta del sesso e da un sano bisogno di emancipazione.

La particolarità del racconto è racchiusa dalla presenza di un giornalino anonimo che “sputtana” ogni mattina le magagne della sera prima, che la nobiltà vorrebbe ovviamente tenere nascoste. La signora Whistledown – così firma le sue cronache rosa l’autrice misteriosa – è anche la voce fuori campo del racconto, che nella lingua originaria è di Julie Andrews, in italiano della doppiatrice Melina Martello. Degna di segnalazione la presenza della zia del duca di Hastings, Lady Danbury, che spinge il nipote tra le braccia della giovane Daphne, interpretata da Adjoa Andoh, l’attrice che in Invictus di Clint Eastwood è Brenda Mazibuko, la famosa capo di gabinetto di Nelson Mandela.

La serie si annuncia lunga, visto che i figli dei Bridgerton sono ben otto e che la Quinn ha dedicato ben nove libri alla sagra della famiglia. Dunque siamo solo agli inizi di un’intricata storia di amori e tradimenti. Destinata – a quanto sembra – a riempire le nostre future vacanze di Natale. Senza virus, ovviamente.