Ci sono “big” della musica che potrebbero tranquillamente permettersi fior di musicisti americani, ma in gran parte non sanno neanche chi siano, eppure giocano a fare “gli americani”, gli imitatori di Bob Dylan o Bruce Springsteen. Quando invece ci si muove con la passione vera, autentica, capita, che un giovane fuori da ogni logica del business riesca a ottenere quello che loro scartano per presunzione. Uno di questi è Andrea Del Monte, cantautore, scrittore, che muovendosi senza management o case discografiche è riuscito a instaurare un rapporto di collaborazione con John Jackson, straordinario chitarrista americano che è stato il solista nella live band di Bob Dylan per quasi un decennio, e poi ancora con Lucinda Williams e tanti altri. Jackson ha preso parte a un ep di Del Monte a cui ha partecipato anche il grande etnomusicologo Ambrogio Sparagna. E’presente anche in Supplica a mia madre, disco-libro dedicato a Pasolini Caro poeta, caro amico. L’ultima collaborazione con Jackson in ordine di tempo è nel nuovo libro-disco di Del Monte, Brigantesse, storie di amore e fucile (Ponte Sisto, 183 pagine, 18,00 euro; a cura di Antonio Veneziani e Gabriele Galloni) a cui prende parte anche Guido Guglielminetti, storico produttore e band leader di Francesco De Gregori insieme ad altri valenti musicisti tra cui il bluesman Nick Valente che nel cd allegato a questo libro si dimostra polistrumentista di grande classe (chitarre, organo Hammond, basso e batteria).



E’ un progetto, questo, di grande fascino: un libro e un cd dedicati alle donne briganti, personaggi misteriosi, dimenticati, che vissero in uno dei periodi più bui della storia italiana, quello immediatamente successiva all’Unità imposta dai Savoia con quella (ma i libri di storia e quelli scolastici non lo dicono quasi mai) che fu una autentica guerra di conquista coloniale, come intitolava un celebre e dimenticato libro degli anni 70, Unità d’Italia, nascita di una colonia.



Se del fenomeno del brigantaggio si è parlato spesso ma solo negli ultimi anni si è fatto un po’ di luce su quello che fu realmente distinguendo tra fuorilegge e oppositori al regime dei Savoia, delle donne non si è mai parlato. Eppure ci furono personaggi che anticiparono la liberazione femminile, ragazzine del Meridione, nate e cresciute in situazioni di povertà estrema, nutrite a patate a pranzo e cena ma solo dopo che i maschi di famiglia avevano mangiato lasciando loro gli avanzi, vittime degli abusi sessuali dei figli dei nobili e che un giorno, in circostanze varie, dissero no a quella vita per intraprendere  un cammino pieno di rischi che le portò tutte alla morte o al carcere. Ma accarezzando brevemente una dignità e una libertà impensabili per i tempi e per una donna.



“Ma cosa era poi questa Italia? Era nuova povertà, sorprusi forse mai visti prima. Era non poter neanche più raccogliere la legna e i frutti dei boschi, era neanche più un morso di terra da coltivare per sopravvivere. Ira tutta la terra era stata venduta e se l’erano comprata i ricchi” (Isabella Moroni nel capitolo dedicato alla brigantessa Doni).

Tredici donne raccontate da tredici autori diversi, in modo romanzato ma non inventato, a volte in prima persona, altre con dettagli puramente storici. Il risultato è di un fascino assoluto. Storie d’amore, ragazzine di 15 anni vittime di violenze sessuali che conoscono e si innamorano di un capo brigante e con lui fuggono nelle grotte, combattono e rubano ai ricchi o gli odiati piemontesi, imparano l’uso delle armi e non si fanno remore di sgozzare i nemici. Il capolinea è quasi sempre lo stesso: “Lo tradirono in una grotta, lo decapitarono e fu nelle piazze esposto mutilato e nudo (…) Braccata dai piemontesi spesso affamata e con la paura che essere la druda di un bandito potesse mettermi la corda al collo (…) volli fuggire e mi presero non lontana da casa. Fui trascinata via come fossi una belva, e avevo ormai vent’anni. Quaranta soldati per scorta, e conobbi il treno con cui fui portata al carcere. Un decennio all’oscurità di cella in cella” (Giuseppe Laurenti in Nicolina Iaconelli).

Il libro contiene alcune interviste a scrittori e storici che hanno indagato quel periodo come Valentino Romano che con una risposta taglia la tentazione (purtroppo facile) di paragonare queste storie con quelle delle donne degli anni di piombo: “Che tipo di influenza hanno avuto sulle terroriste operanti negli anni 70 e 80?”. Nessuna! risponde giustamente, “non esiste legame di alcun genere”. O anche musicologi come Edoardo Bennato.

Molto bella la galleria fotografica e di disegni di queste donne, con abiti tradizionali e fucili in mano, che mostrano orgoglio e fierezza.

Il cd contiene anch’esso tredici brani musicati da Dal Monte con i testi ognuno composto da scrittori e poeti vari. Ci piace citare Susanna Schimperna, compagnia dello scomparso cantautore Claudio Rocchi, giornalista e scrittrice di fama nazionale, che da par suo si cimenta con un testo dove traspare la sua passione per l’anima anarchica italiana, Ci chiamano popolo. Cd che si apre con l’intensa interpretazione dell’attrice Sabrina Ferrilli e prosegue con una serie di accattivanti ballate, tra Fabrizio De André e il rock blues nordamericano (John Jackson presta le sue chitarre elettrica nell’ottima Del mio cuore la stessa sorte). Non facile adeguare testi così complessi alla musica, ma Del Monte dimostra di riuscirci in modo soddisfacente, rivelandosi uno dei più dotati autori di canzoni in circolazione.