Nell’articolo riguardante “l’argentinizzazione” dell’Italia concludevo chiedendomi come mai pure il cosiddetto “Governo dei Migliori”, visto l’anticipo della tornata elettorale peraltro prevista nel vicino marzo 2023, non abbia fatto nulla per cambiare le regole (ma alcuni dicono addirittura eliminare) per il voto all’estero, specie con un sistema, quello della scheda inviata per posta, che ha prodotto una quantità industriale di brogli. Et voilà! Manco a farlo apposta e proprio in Argentina, ecco scoppiare addirittura una “truffa annunciata” scoperta dal Senatore Fabio Porta (Pd) vittima dell’ultimo caso, che i lettori del Sussidiario già conoscono. Lo abbiamo intervistato per spiegarci nei dettagli quanto accaduto.



Senatore Porta, come avete scoperto l’ennesima truffa sul voto estero? 

La facilità con la quale abbiamo scoperto questa “truffa annunciata” è sorprendente: è bastato intercettare una mail che da qualche giorno circolava in Argentina a firma di una militante dell’USEI che chiedeva voti a favore del Presidente del partito, Eugenio Sangregorio, attuale deputato. Il lungo messaggio terminava chiedendo agli elettori di consegnare la propria busta contenente le schede elettorali a qualcuno che avrebbe ritirato “a domicilio” il plico per poi consegnarlo alle poste. Un vero e proprio reato elettorale, con tanto di firma e numero di telefono del promotore. Se non fosse drammatico sarebbe ridicolo. Ho subito attivato le autorità diplomatiche e sto predisponendo un esposto alla Magistratura. Spero che vengano subito adottate tutte le misure preventive per evitare il ripetersi di quanto accaduto nel 2018; a causa di quei fatti un senatore dell’USEI poi passato al MAIE è decaduto dal Senato a seguito del mio ricorso e delle mie denunce.



Lei è stato, da vittima, il protagonista dell’ultima e più rilevante truffa elettorale tra le tante che si sono succedute da quando c’è il voto al di fuori dell’Italia. Come mai anche i Governi di questi ultimi tre anni non hanno mai fatto nulla per modificarlo?

Dal primo giorno della mia denuncia e per tutti questi anni ho chiesto al Governo e ai partiti di introdurre modifiche alla legge elettorale per il voto all’estero per impedire il ripetersi di tali gravissimi episodi. Ho anche allertato tutti sul rischio che, in assenza di tali interventi, la riproposizione dei brogli in una nuova elezione sarebbe stata la pietra tombale del voto all’estero. Grazie alla mia iniziativa si è finalmente aperta una discussione seria e alla Camera dei Deputati, a seguito di un ricorso presentato da un collega di partito candidato nel 2018 (Alberto Becchi) è stata istituita una commissione di indagine che aveva evidenziato le principali criticità del voto all’estero proponendo alcuni interventi urgenti al Parlamento. Purtroppo la mancanza di una forte volontà politica da un lato e le sciagurate e impreviste elezioni anticipate dall’altro hanno reso impossibile qualsiasi modifica.



Altro fattore importantissimo è lo studio della lingua italiana nelle nazioni a forte emigrazione nostrana, e non solo. Ci sono movimenti in Argentina che da un lato si attribuiscono il merito di finanziamenti per questo scopo utilissimo, però dall’altro la maggior parte degli esponenti dei Comites, gli organi più importanti rappresentativi dei nostri connazionali all’estero, per esempio in Argentina non parlano una parola di italiano. Le sembra logico che una nazione sia rappresentata da persone che non parlano assolutamente (o lo fanno in maniera alquanto comica) la nostra lingua? 

Sono convinto che la lingua e la cultura siano parti integranti della nostra identità e che lo studio e aggiungerei “l’amore” per la nostra lingua debbano essere centrali per tutti gli italiani, dentro e fuori dai confini nazionali. A maggior ragione per coloro che, a vari livelli, vengano eletti a incarichi di rappresentanza politico-istituzionale. Tra le principali finalità dei Comites, del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero e – ovviamente – dei parlamentari eletti all’estero c’è quella di interloquire con le autorità italiane al fine di rappresentare le istanze delle nostre collettività; va da sé che questa interlocuzione diviene difficile e poco credibile se avviene soltanto nella lingua locale. Girano ancora oggi sul web video di parlamentari esteri che a malapena riescono a esprimersi in italiano e questa cosa è stata spesso motivo di imbarazzo, non solo mio ma di tanti connazionali che vivono all’estero.

(Arturo Illia)

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