Non sarà Joe Biden a salvare l’America dopo la devastazione portata da Donald Trump. Non lo sarà neppure il primo vicepresidente donna, cosa che ha fatto esaltare tanti. Negli ultimi decenni un fenomeno, triste, ha caratterizzato la politica delle maggiori democrazie occidentali: l’uomo solo al potere. Figure identificate come “carismatiche” che alla prova dei fatti hanno dimostrato di non aver nulla di carismatico, al massimo essere portavoce dei peggiori istinti umani. Conseguenza è stata la diminuzione del raggio di azione della democrazia, la morte della politica, delle realtà popolari e delle comunità civili dal basso di base che sono state la nervatura di ogni autentica democrazia per decenni se non secoli . “La crisi della democrazia americana ha mostrato che la riduzione della politica a scontro personale ha portato sull’orlo della guerra civile, alla perdita del senso di comunità nazionale”, dice Giorgio Vittadini. Anche noi italiani ne sappiamo qualcosa, da Berlusconi a Matteo Renzi. Ma anche personaggi che hanno promesso di risolvere ogni male come Beppe Grillo o Matteo Salvini o, per andare all’estero, come Boris Johnson, tutti accentratori della politica nella propria figura personale. Ovviamente, la figura “top” è stata Trump, quello che più di tutti ha preteso essere “voce del popolo” ma in realtà ha saputo esprimere solo la sua, di voce, ingannando milioni e milioni di persone facendo presa su istinti deprecabili, ma anche buone intenzioni, stravolgendo tutto e tutti per interesse personale.
“In questo mondo, il mondo di Dio, non c’è verità infallibile che risieda in un uomo solo”, ha detto Bruce Springsteen (uno che di carisma ne ha tonnellate da vendere a differenza dei politici) il giorno del giuramento di Joe Biden. Già 50 anni fa il suo collega Bob Dylan diceva che “anche il Presidente degli Stati Uniti a volte rimane nudo”. Oggi Trump è nudo, ma cosa rimane?
Un avvertimento, pur in un momento di festeggiamenti, quello di Springsteen, un affettuoso consiglio, che per un cittadino di un paese che ha come motto nazionale “In God we trust”, noi confidiamo in Dio, riporta il paese stesso alle sue istanze fondatrici. “C’è una sola verità, ed è la verità di Dio” ha aggiunto. Cioè non la nostra, di uomini fallaci e ingannatori, che sbagliano per la natura stessa del nostro essere uomini. Ma come si applica, per non fare anche di Dio una verità astratta e ideologica? Deve essere “una verità che richiede profonda indagine”, ha detto, cioè non fermarsi alle apparenze o a quello che ti dicono, ma indagare, sempre, approfondire, chiedere. In che modo si applica? “Con un atteggiamento di umiltà davanti ai fatti”. Chi pratica oggigiorno l’umiltà? E su cosa si basa? “E’ basata nella fede e nell’amore e nel rispetto da portare ai vostri vicini e al vostro paese”. Fatti concreti, che richiedono una pratica quotidiana. Comunità civili di base, dove anche il vicino di casa ha importanza.
“Preghiamo Dio di avere la forza di vedere chiaramente con le nostre menti, i nostri cuori e i nostri occhi” (altro che fake news e sproloqui sui social) e di essere in grado di mantenere la nostra fede ben alta, umilmente, al servizio della nostra nazione e della verità”.
Dopo quattro anni di menzogne è l’ora della verità. Ma solo un atteggiamento di umiltà e di servizio al prossimo possono garantirla.
Quelle di Bruce Springsteen sono le parole migliori di un non presidente degli Stati Uniti che ha la visione che dovrebbe appartenere a un presidente degli Stati Uniti. E di qualunque altro paese al mondo.
(All’inizio di questo breve discorso trasmesso alla radio nel programma che da qualche mese Springsteen tiene online, il cantante si era comunque tolto qualche sassolino dalle scarpe, lanciando un monito: “Non sprecate la vostra compassione su coloro che non la meritano, voi siete meglio e valete molto di più di questo”. Nel caso ci fosse qualcuno – circa 60 milioni di americani che lo hanno votato – dispiaciuto per la fine del mandato di Trump…).
Nella serata di quel 20 gennaio, Springsteen ha partecipato al concerto in onore di Joe Biden. Da solo, con una chitarra acustica, ha eseguito la sua Land of hope and dreams, terra di speranza e sogni, dedicata al suo paese. Come ha scritto Luca Miele nel suo libro “Il Vangelo secondo Bruce Springsteen” “…è una sapiente riscrittura del gospel This train e del brano This train is bound to glory di Woody Guthrie. (…) ma Springsteen si distanzia dal suo “modello” Guthrie. Per l’autore di This land is your land (cantata in mattinata da Jennifer Lopez, ndr) la salvezza è riservata “ai santi ai giusti”: “i ladri, i bugiardi, i giocatori d’azzardo” non salgono sul “treno che corre verso la gloria”. Sul treno cantato da Springsteen ci sono, invece, tutti: “buffoni e re”, “santi e peccatori”, “puttane e giocatori d’azzardo”, “perdenti e vincitori”. La salvezza non ammette tagli o esclusioni, fratture o pedaggi. La salvezza, cantata da Springsteen, è inclusiva, chiama tutti, interpella tutti, accoglie tutti. E’ il qui e ora, è la trama (umana) dei giorni”. E’ l’inclusività di una nazione che è stata fondata su “molti” (diversi). Forse allora potremo tornare a chiamare quel paese con il suo nome: Stati Uniti.