C’è un film del 2002 di Randall Wallace dal titolo We Were Soldiers che è ambientato durante la battaglia di la Drang, uno degli scontri più violenti del conflitto tra l’esercito degli Stati Uniti e quello nord-vietnamita. Un film bellissimo, anche ricordato per una battuta celebre, quando il tenente colonnello Hal Moore (Mel Gibson) dice ai suoi: “Non vi posso garantire che vi riporterò tutti vivi a casa, ma giuro solennemente davanti a voi e a Dio Onnipotente: io sarò il primo a scendere sul campo di battaglia e sarò l’ultimo ad abbandonarlo e non mi lascerò nessuno di voi alle spalle”.
Il 18 maggio a Ferrara è andata in scena non certo una battaglia (anche se il prato forse ricordava una scena di guerra di qualche film), ma una grande festa. Il tenente colonnello che guidava le sue truppe si chiamava Bruce Springsteen, e, potendo parafrasare la citazione, potremmo riscriverla così: “Non vi posso garantire che tornerete a casa tutti contenti, riposati e soprattutto puliti, ma giuro solennemente davanti a voi e a Dio Onnipotente: io sarò il primo a salire sul palco e sarò l’ultimo ad abbandonarlo”.
La festa è iniziata alle 19:40 e il tenente colonnello non ha ceduto un solo centimetro fino alle 22:35. Sì esatto, 3 ore filate di concerto senza mai una pausa, con l’attacco della nuova canzone che iniziava sullo sfumare di quella appena suonata, come quando gli anziani si accendono la sigaretta con il mozzicone di quella appena fumata. Non c’era un attimo di sosta, un attimo da perdere, ogni secondo voleva essere goduto, condiviso e festeggiato.
D’altronde il tempo non può essere sprecato e questi “vecchietti” più avanzano con l’età e più ne prendono coscienza, Bruce prima di tutti. La pelle del volto era un po’ tirata, d’altronde, anche se la natura ti vuole bene, i 73 anni iniziano a vedersi. Gli occhi erano quelli di un uomo risoluto, provato dalle mille battaglie ma non stanco di lottare e salire sul palco per raccontare la sua vita e le sue domande. Le labbra erano molto assottigliate, quasi a formare una lama che tagliava l’aria e che appena si apriva faceva sentire tutta la potenza dei propri fendenti. Le gambe non erano più quelle di qualche concerto fa che gli permettevano di correre e saltellare per tutto il palco. La voce infine, all’inizio era un po’ fredda, sembrava anche quella, aver ceduto all’età che avanza, ma col passare dei minuti ha fatto sentire in tutto il Parco Bassanini perché lo chiamano the Boss.
Lascio ad altri l’ardua sentenza di commentare la scaletta scelta per Ferrara. La cosa che mi colpisce ogni volta che lo ascolto dal vivo, però, è il desiderio di comunicare, questa volta accentuato attraverso dei sottotitoli che passavano nei maxi schermi in alcuni momenti chiave del concerto, come a voler sottolineare quel particolare passaggio.
Il concerto è iniziato in modo molto soft, il pubblico era più dedito all’ascolto. Un primo saluto di tutta la band fronte al pubblico ha dato il via a una seconda parte di concerto molto più ballata al ritmo dei pezzi più tradizionali del repertorio del Boss e dove ognuno piano piano si è coinvolto sempre di più. Fino ad arrivare all’ultima parte di concerto aperta al grido “Nobody wanna go to the F…G house” gridato da Bruce a Little Steven che ha fatto scatenare anche il più pacato e placido fan.
Ragazzine adolescenti che ricevevano in regalo armoniche a bocca, uomini e donne di ogni età che si scatenavano nei balli, nonne che si facevano prendere in braccio dai nipoti per salutare il Boss; un tripudio di gioia e di allegria che ha trovato pace solo nell’ultima canzone (I’ll See You in My Dreams) suonata solo in acustico. Poi tutti a casa.
Tutti ritornavamo alle nostre macchine, chi tra commenti e pensieri e chi dando una sbirciata alla partita di coppa della squadra italiana, ragazzi giovani e persone che avevano vissuto una vita intera; chi commentava di essere al primo concerto, e chi faceva il paragone con tutti i concerti precedenti. C’era una storia in quelle strade che stava piano piano defluendo dal parco Bassanini.
Quell’uomo che per 50 anni non si è risparmiato a raccontare la propria storia, le proprie battaglie, le proprie domande, ha incontrato il cuore di un fiume di persone (erano 50 mila) che ognuno a modo proprio ha vissuto o sta vivendo la stessa esperienza. Il cuore dell’uomo è inestirpabile e incolmabile, e su quel palco ha trovato una persona che ha il desiderio di sostenere e condividere quella marea di domande che salivano da quel prato. Il tenente colonnello Springsteen quella sera ha giurato ancora una volta che non avrebbe mai abbandonato i suoi fan su questa strada, su questa ricerca di una risposta e che anzi, lui sarà il primo a scendere in campo e l’ultimo a uscire dal quel campo di battaglia (fino a quando avrà forza ed energia), dove si gioca la vita dell’uomo.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.