Brunetto Latini è stato un letterato e uomo politico fiorentino realmente esistito tra il 1220 e il 1294 circa, un centinaio d’anni prima di Dante Alighieri, il quale lo collocherà nel terzo girone del VII Cerchio dell’Inferno (Canto XV) nonostante l’affetto che per quello che reputava un suo ‘antico maestro’. Latini fu inoltre notaio e cancelliere del comune (al pari di suo padre Bonaccorso) almeno fino al suo trasferimento e soggiorno in Francia, soggiorno protrattosi sino al ritorno in città dei guelfi nel 1266.



Di nuovo in patria, ricoprì incarichi importanti tra cui quello di mallevadore per i guelfi alla pace del cardinal Latino, consigliere del podestà e infine priore. In veste di membro del Consiglio del Podestà, Latini trattò con Genova e Lucca la Lega Guelfa contro Pisa, ma il suo impegno in società non si limitò a questo. Secondo G. Villani, infatti, egli fu “cominciatore e maestro in digrossare i Fiorentini e fargli scorti in bene parlare, e in sapere guidare e reggere la nostra Repubblica secondo la Politica”, e fu così che anche Dante lo prese a modello.



Brunetto Latini nella Divina Commedia

Dante Alighieri si basò sulla reputazione non buona che Brunetto Latini aveva presso i contemporanei nel collocarlo tra i sodomiti, sebbene l’unico a parlare espressamente della sua condotta in questo senso sia stato lo stesso Villani. Quest’ultimo lo definisce ‘mondano uomo’, ma non si hanno ulteriori dettagli sulle vicende che hanno caratterizzato la sua vita. L’opera maggiore di Latini è il Tresor, scritto in francese durante l’esilio e integrato a Firenze con qualche altro capitolo. Si tratta della prima grande enciclopedia in volgare, in seguito tradotta e rielaborata in italiano e largamente diffusa anche tra i posteri. Ancora, Brunetto scrisse il Tesoretto, scarno poema didattico allegorico destinato a rimanere incompiuto.



La sue ultime opere (in ordine d’importanza) furono il Favolello, un’epistola morale, e la Retorica, volgarizzamento e libero adattamento del De inventione di Cicerone. Nel Canto XV dell’Inferno, Dante rievoca affettuosamente il ‘maestro’ Latini, condannando al tempo stesso con fermezza il suo peccato: scopre infatti che Brunetto fa parte di una particolare schiera di sodomiti che include letterati e anche illustri chierici. Dall’altra parte, lui si congratula con il discepolo per i suoi meriti letterari e morali e arriva a predirgli l’esilio da Firenze.