Nuovo colpo di scena nella lunga battaglia giudiziaria che vede protagonista Bruno Contrada, l’ex numero due del Sisde ed ex poliziotto per anni attivo a Palermo. Nei giorni scorsi, come riferisce Il Fatto Quotidiano, la  terza sezione della Cassazione ha accolto il ricorso presentato dalla difesa di Contrada, l’avvocato Stefano Giordano, annullando con rinvio l’ordinanza con la quale la Corte d’Appello di Palermo aveva rigettato la domanda di riparazione per ingiusta detenzione proposta dall’uomo, oggi 90enne. Ciò significa che tutto tornerà al giudizio della Corte palermitana che sarà quindi chiamata a riesaminare la questione fornendo una motivazione più convincente.



L’avvocato di Contrada è intervenuto dopo la decisione della Cassazione commentando: “Adesso puntiamo a che il risarcimento a favore di Contrada venga riconosciuto nei tempi più brevi, considerati l’età e lo stato di salute dello stesso”. Una battaglia che prese il via nel 2007, quando l’ex numero due del Sisme, il servizio segreto civile, fu condannato a 10 anni di carcere con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Secondo l’accusa Bruno Contrada avrebbe sostenuto, nei panni di uomo dello Stato, Cosa nostra dall’esterno.



Bruno Contrada e la decisione della Cassazione: continua il pingpong

Contro la sentenza di condanna a suo carico Bruno Contrada si rivolse alla Corte europea dei diritti dell’uomo, la Cedu, presentando ricorso e nel 2015 lo stato Italiano fu condannato. Contrada, secondo la Cedu, non sarebbe dovuto essere condannato, mettendo in dubbio la sentenza che lo riconosceva colpevole e sottolineando come all’epoca dei fatti, ovvero tra il 1979 e il 1988, il reato di concorso esterno in associazione mafiosa non esisteva ancora nell’ordinamento giuridico. Dunque, stabilì la Cedu, “non avrebbe potuto conoscere le pene in cui sarebbe incorso”.



Successivamente Bruno Contrada ha chiesto la revoca della condanna, in un primo momento respinta dalla Corte d’Appello di Palermo, poi accolta in Cassazione nel 2017. La Corte in quella circostanza non ha stabilito la sua innocenza ma “l’ineseguibilità della sentenza di condanna, improduttiva di effetti penali”. Da quel momento l’ex funzionario sta cercando di ottenere un risarcimento dallo Stato per ingiusta detenzione e da qui inizia un pingpong senza fine: se in prima istanza la corte d’Appello lo aveva riconosciuto, la Cassazione lo aveva annullato ordinando un nuovo esame. Nel gennaio 2022 però l’istanza è stata respinta in Appello mentre ora la Cassazione annulla tale decisione chiedendo un nuovo e più motivato giudizio.