Bruno Giordano a tutto campo, intervistato da “I Lunatici” di Rai Radio2: l’ex attaccante ha scritto con l’ex compagno di squadra Salvatore Bagni il libro “Che vi siete persi…” a proposito del primo scudetto vinto dal Napoli di Maradona: “E’ stato bello scrivere questo libro, è un ricordo che passa attraverso me e Salvatore e che racconta ciò che è successo in quella annata straordinaria”. Si parla tanto di Diego Armando Maradona: “La luce era lui, noi eravamo attorno alla sua luce. Credo sia un atto dovuto anche alla città, quello scudetto non fu soltanto un fatto sportivo, ma anche una rivalsa sociale per tutti i napoletani. A Napoli è più difficile vincere perché manca l’abitudine, ma siamo stati la dimostrazione che se costruisci una squadra forte puoi fare qualcosa di straordinario”, ha affermato Bruno Giordano sul tema principale del libro.



Fu proprio Diego Armando Maradona a spingere Bruno Giordano verso il Napoli: “Io mi ricordo che in un Lazio-Napoli, giocavo nella Lazio, quando Diego mi capitava vicino mi diceva che l’anno dopo sarei dovuto andare a giocare con lui. Fu straordinario nel periodo in cui mi ruppi una gamba, mi mandò un telegramma. Lui e Allodi mi volevano a Napoli. Prima di firmare il contratto Allodi mi passò Diego al telefono e lui mi disse che era felicissimo del mio arrivo a Napoli”. Il ritratto del Pibe de Oro ne descrive la sua grandezza, non solo tecnica: “Maradona in campo non ti faceva pesare il suo essere Maradona. Era generoso e disponibile con tutti, in campo e fuori. A dicembre insieme alla moglie Claudia riempiva i pulmini di giocattoli e andava a regalarli ai bambini negli ospedali di Napoli. Era un leader assoluto. Uno dei pochi, se non l’unico, ad essere amato da tutti. Compagni e avversari. Ha preso tanto calci senza mai dire niente, si rialzava più forte di prima. Un qualcosa di straordinario. Sono felice e orgoglioso di averci giocato accanto”, ha affermato Bruno Giordano.



BRUNO GIORDANO E MARADONA: “CAPITANO VERO, E SUGLI ALLENAMENTI…”

Sempre a proposito di Maradona, Bruno Giordano ha voluto sfatare anche la leggenda secondo cui l’argentino saltasse d’abitudine gli allenamenti, almeno negli anni in cui giocarono insieme: “In tre anni avrà saltato una decina di allenamenti. Era sempre presente, quando aveva un obiettivo ci arrivava al massimo della condizione. Era sempre presente. Un Capitano vero. Non portava soltanto la fascia ereditata dal mitico Bruscolotti, ma era un Capitano sempre presente. Agli allenamenti, alle riunioni, ovunque. Se tu non ti alleni, anche se sei Maradona, a certi livelli duri tre mesi. Non anni, come è capitato a Diego”. Il titolo del libro ricorda uno striscione che i tifosi misero all’ingresso del cimitero di Secondigliano, ma Giordano ha voluto ricordare che ci fu anche una ‘risposta’: “Da lì a breve ci fu un altro striscione in cui c’era scritto ‘Ma siete sicuri che ce lo siamo perso?”.



Bruno Giordano ricorda anche aneddoti di vita quotidiana: “Per noi andare al bar a Napoli a prendere un gelato con i nostri figli era possibile. Per Diego non era così. Diceva che noi eravamo fortunati. Non poteva uscire, anche per questo usciva soltanto ed esclusivamente la notte. Il suo mondo era invivibile“. Inevitabile anche un triste ricordo sulla morte di Diego Armando Maradona: “Un mese prima gli avevo mandato un messaggio per il suo compleanno. Nell’ultimo anno e mezzo facevo fatica a sentirlo, forse chi gli era accanto limitava o escludeva le telefonate. Fino a un anno e mezzo prima c’eravamo sentiti. Fino al 2018 quando ci siamo visti, Maradona stava benissimo. Ero andato a fare un allenamento il giorno della sua morte, mi chiamò un mio amico, mi disse quello che era successo. Poi iniziarono ad arrivarmi decine di chiamate e capii che era vero”.

BRUNO GIORDANO SULLA LAZIO, L’ASCOLI E GLI INTRECCI DI MERCATO CON LA ROMA

Non solo Napoli e Maradona, però, anche perché lappante più lunga della carriera di Bruno Giordano è stata con la Lazio, dall’ingresso nelle giovanili nel 1969 fino al 1985: “Quando giocavo accanto a Chinaglia giocavo più dietro, il mio idolo era Cruijff, quando poi Chinaglia andò in America Maestrelli mi diede la maglia numero 9 ed iniziai a prenderci gusto a far gol. Ma non sono nato da centravanti. Ho dovuto sostituire il mito di Chinaglia, forse la mia incoscienza da ragazzino mi ha portato a fare quello che ho fatto. Se avessi avuto qualche anno in più forse mi sarebbero tremate le gambe. Il gol più bello della mia carriera? Quello alla Juventus, con un doppio pallonetto. L’incoscienza del giovane, che a volte però serve”.

Bruno Giordano svela pure che la Roma ha tentato due volte di acquistarlo, sfruttando l’ottimo rapporto umano con il presidente giallorosso Dino Viola e proprio nel 1985 Chinaglia “mi convocò a casa sua per dirmi che aveva concluso il mio trasferimento alla Roma. Io rifiutai, non potevo indossare la maglia giallorossa. Se Viola fosse stato in un’altra squadra ci sarei andato di corsa. Con la Roma, essendo io un qualcosa che rappresentava la Lazio, non l’ho mai presa in considerazione come ipotesi”. Altro grande personaggio nella carriera di Bruno Giordano è stato Costantino Rozzi, presidente dell’Ascoli dove l’attaccante visse i suoi ultimi anni da calciatore e che fu pure il suo testimone di nozze: “Ad Ascoli sono stato benissimo. Rozzi era un personaggio straordinario. Oggi con i soldi delle tv avrebbe portato l’Ascoli stabilmente nelle prime cinque o sei posizioni”.