Bruno Pizzul, uno dei telecronisti di calcio più amati di sempre, è stato protagonista di una bella intervista rilasciata ai microfoni del quotidiano Repubblica. Si parla delle telecronache di oggi e delle nuove sfide che i suoi colleghi sono costretti ad affrontare. Bruno Pizzul mette subito le cose in chiaro: «Non amo le frasi ridondanti, la valanga statistica e neppure l’uso smodato delle telecamere e delle inquadrature: rubano l’attenzione. Inoltre, oggi i giornalisti devono fare i conti con i social, a mio avviso un ingestibile vulcano di problemi».



Pizzul prosegue: «A volte è come se la televisione volesse solo parlare di sé stessa. Alcuni giornalisti anche bravi, in conduzione si atteggiano a showman, a comici. Tutto ciò che è autoreferenziale, non va bene. Il cronista non è un attore». Bruno Pizzul ammette di essere quasi imbarazzato dall’affetto manifestato ancora oggi dalla gente: «La cosa mi imbarazza, perché non ho davvero fatto nulla di così importante o eroico, ho solo cercato di lavorare in modo apprezzabile e dignitoso, di comportarmi bene come quando facevo l’alpino alla scuola militare di Aosta. E ringrazio chi guardando qualche mia apparizione tv ha perdonato alcune sbavature dovute all’età. Mai avrei pensato, da ragazzo, di arrivarci».



BRUNO PIZZUL E IL CALCIO DI OGGI

Oggi Bruno Pizzul ha chiuso con il calcio: «Guardo gli uccellini che mi becchettano sul tavolo. Di fronte alla vetrata che dà sul giardino, io e mia moglie abbiamo creato un ristorante stellato per volatili. Ci sono i passeri, ogni tanto arriva l’upupa, passano le gazze e le tortorelle. E io, che a volte non ricordavo il cognome di una certa ala destra, ora mi applico per nominare con esattezza tutte queste creature del cielo. Tra poco tornerà il pettirosso, non uno qualunque ma sempre quello, il nostro amico che se ne vola via ai primi caldi e torna quando ricomincia il freddo».



In ogni caso Pizzul non ha smesso di seguire il pallone, anzi: «continuo ad amarlo, naturalmente, però ci sono troppe esagerazioni. Questa storia degli arabi, per esempio. Mah… Preferisco osservare la crescita di un fiore: a Milano, dove pure ho vissuto tanti anni stupendi, era impossibile. Ho scelto il mio orticello, anche se è sempre mia moglie a badarci: la terra è bassa, si fatica a stare chinati. Io invece prendo solo il meglio, mangio l’insalata appena cresciuta, le zucchine, bella la vita così. Dobbiamo proteggere la natura, il nostro pianeta è l’unica vera ricchezza che possediamo, lo stiamo torturando».

BRUNO PIZZUL E L’ANEDDOTO SU BEPPE VIOLA

Curioso l’aneddoto riguardante il cronista Beppe Viola, quello che Pizzul considera il suo maestro oltre che un grande amico: «Dovevo descrivere Juventus-Bologna di Coppa Italia per la Rai, in differita, sul campo neutro di Como. Era il 1970. Verso le dieci del mattino stavo per salire sull’auto aziendale per recarmi allo stadio Sinigaglia, quando Beppe mi vide e mi disse: “Ehi, ma dove vai a quest’ora? Non lo sai che la partita comincia alle tre? Manda via l’autista e vieni a pranzo con me, per il resto ci sarà tempo”. Mi portò nella trattoria milanese in via Londonio dove, a volte, trovavamo anche i calciatori, che so, Rivera o Pierino Prati. Insomma, il tempo passò e non considerammo che quel pomeriggio mezza Brianza si sarebbe messa in auto alla volta dello stadio di Como, dove arrivai che la gara era iniziata da un buon quarto d’ora. Per fortuna non si andava in onda in diretta, e la sera in studio sistemai un po’ le immagini e il commento». Non finì qui perchè: «Il giorno dopo venne avviata dalla Rai una specie di indagine interna, che identificò il colpevole. Quando si seppe che si trattava di Beppe Viola, i capi furono clementi e fui perdonato, ma con una raccomandazione: stare più attento a chi frequentassi. Superfluo aggiungere che non ci sono stato attento mai», conclude.