54 giorni in sciopero della fame e della sete, poi lo stop una settimana fa per un primo flebile accordo con il Governo europeista del Belgio: è quanto sta avvenendo a Bruxelles, la “capitale” dell’Europa dove 475 migranti irregolari (chiamati “sans papiers”) da tempo protestano per la mancanza di un riconoscimento regolare del proprio status di cittadini, accolti nella canonica della chiesa di Saint-Jean Baptiste au Beguinage. «Ieri e oggi ci sono stati incontri con il governo e siamo riusciti a predisporre degli accordi che non sono ancora stati convalidati. Speriamo che lo siano», spiegavano i rappresentanti legali dei senzatetto lo scorso 22 luglio, annunciando lo stop momentaneo allo sciopero della fame e della sete.



Il Premier belga Alexander De Croo tiene però la linea dritta sul non cedere alle richieste dei migranti, dichiarando «La fine dello sciopero della fame è l’unica decisione giusta. C’è solo una via per ottenere l’asilo in Belgio ed è la via della legge, l’unica per evitare decisioni arbitrarie. Un governo non può mai accettare il ricatto. Sarebbe ingiusto nei confronti di tutte le persone che seguono correttamente le regole». Visto lo stato di salute attuale di molti dei quasi 500 senza tetto, saranno concessi almeno i primi tre mesi di permesso temporaneo, mentre si va verso la concessione dell’asilo per chi ha il coniuge che proviene da un Paese in guerra o se si hanno figli che vivono in Belgio da molto tempo.



LA PROTESTA E L’ACCOGLIENZA

Il flebile accordo però non risolve un problema cominciato addirittura a fine Novecento: «questo passo in avanti non è sufficiente per garantire l’accesso al lavoro legale», sottolinea la nota dell'”Union des sans papiers pour la regularisation“, nella quale si garantisce che «la sospensione dello sciopero non pone fine al movimento. Continuerà la battaglia sul permesso unico sia a livello regionale che federale, al fine di ottenere ulteriori garanzie e portare allo scoperto i lavoratori irregolari». La strana “occupazione” ha avuto origine quando nel maggio scorso don Daniel Alliet ha accolto i “sans papiers” che fino a quel momento avevano occupato alcuni locali delle vicine università di Bruxelles: è rimasta dunque solo la chiesa a prendersi cura di queste persone senza lavoro, senza permesso di soggiorno e di fatto considerati «inesistenti» dalle autorità politiche del Belgio. «La nostra parrocchia ha una lunga tradizione di lotta per la cittadinanza e la giustizia sociale. Vogliamo dare voce a chi non ce l’ha, negli ultimi 25 anni ne abbiamo passati 7 in occupazione, facendo 4 scioperi della fame in questa stessa chiesa», spiega il sacerdote che ha accolto questi ultimi 400 irregolari nella propria chiesa. L’appello al Papa e al Vaticano per far sentire la propria voce a livello internazionale e in Europa, magari spingendo per mettere in pratica l’ipotesi di un sinodo per i migranti più volte abbozzato dalla Santa Sede negli scorsi mesi.

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