In tempo di smart working e di didattica a distanza gran parte delle famiglie italiane ha trascorso più tempo con propri figli. Con il passare delle giornate i singoli genitori si sono imbattuti – chi più chi meno – nel ricordare ai propri pargoli l’importanza (e il dovere) di fare i temuti “compiti”. Una richiesta ancor più ardua rispetto al consueto appuntamento del fine settimana poiché in serio contrasto con la forza attrattiva di tutte quelle distrazioni (soprattutto tecnologiche) che per l’intero arco della giornata cercavano l’attenzione del fanciullo. Dall’altra parte, il figlio-alunno/studente, pur di esser convinto, avrà sentito le moltissime buone intenzioni del proprio genitore anche attraverso menzioni di indubbia fama: “Non rimandare a domani quello che potresti fare oggi” potrebbe essere una di queste. Ecco, come proprio questo dire attribuito a Benjamin Franklin, potrebbe essere funzionale a commentare l’operazione di concambio via sindacato realizzato tramite il riacquisto dei titoli BTP (scadenze 01/08/2021, BTP 01/05/2023, BTP 01/08/2023, BTP 01/10/2023) e CCTeu 15/01/2025 mediante contestuale emissione di un nuovo BTP a 30 anni (scadenza settembre 2051).



Sintetizzando l’operazione, lo Stato italiano ha “ritirato” dal mercato i menzionati titoli in circolazione sostituendoli con un nuovo sottostante avente caratteristiche diverse rispetto ai precedenti. Di fatto, è innegabile, il primo fattore di diversità è quello riconducibile alla durata: rispetto alla precedente duration (scadenza massima dei precedenti BTP al 2023 mentre per il CCTeu si arrivava al 2023), oggi il debitore (lo Stato) ha traslato nel tempo il proprio debito fino ad arrivare al 2051 ovvero la scadenza del nuovo BTP emesso. Dal punto di vista puramente finanziario, l’operazione nel suo complesso è assolutamente comprensibile in ottica di fabbisogno “delle casse dello Stato”: quello che si doveva pagare periodicamente (interessi) e rimborsare completamente (capitale) nel breve termine è stato spostato nel lungo periodo.



Pur non essendoci un problema di liquidità in capo all’Italia, l’operazione di per sé vede concretamente una dilazione dei pagamenti a data futura rispetto a quella in precedenza prevista dai titoli oggetto di concambio. Come detto, nulla da ridire, anzi. È facoltà dell’emittente farlo ed è stato fatto.

Ora, i detentori del nuovo titolo emesso, quanto potranno guadagnare da questo “inaspettato subentro”? Premesso che il BTP è stato collocato al prezzo di 98,686 e prevede un tasso annuo pari a 1,70% (pagato in due cedole) il conto è presto fatto: il rendimento lordo annuo dell’emissione è del 1,763%. Di certo stiamo parlando di un valore molto diverso rispetto a quelli (negativi) delle scadenze inferiori a 5 anni, ma è doveroso soffermare l’attenzione (e il proprio interesse economico) sulla complessiva durata dell’investimento, poiché l’ammontare del 1,763% è per tutti coloro che detengono il titolo fino a naturale scadenza.



Con il nuovo BTP, quanto lo Stato riconosce è in linea con l’attuale curva dei tassi. Il rendimento a 30 anni è pari a 1,709% mentre accorciando la duration si vede un ritorno di 1,333% a 20 anni e 0,802% a 10 anni.

Andando oltre la cosiddetta visione di chi opera sul mercato, al risparmiatore potrebbe nascere (facilmente) il seguente dubbio: i miei soldi prestati – per 30 anni – a un terzo (in questo caso lo Stato) valgono poco più di un punto e mezzo percentuale (ovviamente si parla di rendimento lordo)? Escludendo l’argomentazione tecnica da addetti ai lavori, in molti, potrebbero obiettare sull’effettiva validità dell’operazione e di questi tempi la comprensione è sentitamente dovuta.

La situazione del Paese è presente agli occhi di tutti. Abbiamo più volte sollecitato un cambiamento, un gesto caratterizzato da maggior coraggio in chi governa il Paese. È bene ribadirlo: l’operazione citata è comprensibile e condivisibile nella sua complessiva strutturazione, ma il risultato che ne consegue è oggetto di perplessità. Talvolta è opportuno premiare maggiormente chi pone la propria fiducia (il risparmiatore) rispetto a quello che invece i numeri del mercato prevedono. Fino a quando questo paradigma non muterà, l’auspicato “cambiamento” difficilmente potrà concretizzarsi e se così sarà allora è bene riproporre un altro celebre monito attribuito al già citato Benjamin Franklin ossia: «Ricordati che il tempo è denaro» e, in quanto tale, deve essere pagato. Adeguatamente