L’Italia continua a dare i numeri. Poco più di due settimane fa aprivamo il nostro approfondimento con una voluta provocazione che, nello specifico, evidenziava l’ammontare di «grandi, grandissimi numeri» registrati nell’arco di pochissime giornate. Il conquibus era decisamente significativo e, pertanto, non poteva passare sotto traccia: 173 miliardi di euro (di cui 156 in una sola giornata) era stata la somma richiesta da parte del mercato in occasione del collocamento di una dual tranche di Btp con scadenza a 7 e 30 anni. A questa (molto) interessata domanda aveva corrisposto, invece, una pressoché consueta offerta di “soli” 27 miliardi.
A seguito di questo inizio di anno per così dire inconsueto, anche ieri, il ministero dell’Economia e delle Finanze ha potuto, nuovamente, festeggiare un’ennesima fragorosa manifestazione di interesse nei confronti del nostro debito pubblico. L’emissione ha riguardato un medesimo strumento finanziario ovvero un Btp, ma, cosiddetto benchmark con una scadenza intermedia (15 anni) rispetto ai precedenti. Come si legge dal comunicato pubblicato alla vigilia dell’operazione, il collocamento è avvenuto mediante sindacato (cinque lead manager) «affidato a Barclays Bank Ireland PLC, BNP Paribas, Citibank Europe Plc, Intesa Sanpaolo S.p.A. e Morgan Stanley Europe SE» con l’aggiunta dei restanti Specialisti in titoli di Stato in italiani in qualità di co-lead manager.
Questa prima tranche del nuovo Btp a 15 anni ha sicuramente lasciato il segno. Riprendendo il comunicato diffuso ieri concernente i risultanti dell’emissione possiamo apprendere le seguenti caratteristiche: «Il titolo ha scadenza 1° ottobre 2039, godimento 1° ottobre 2023 e tasso annuo del 4,15%, pagato in due cedole semestrali. Il regolamento dell’operazione è fissato per il 7 febbraio p.v. L’importo emesso è stato pari a 10 miliardi di euro. Il titolo è stato collocato al prezzo di 99,680 corrispondente ad un rendimento lordo annuo all’emissione del 4,220%».
Soffermando l’attenzione su quest’ultimo aspetto, quello remunerativo, possiamo certamente riscontrare come il rendimento finale si posizioni a ridosso di quello appartenente a una scadenza maggiore: infatti, guardando alle curve YTM (yield to maturity), la duration a 20 anni riporta un 4,278% che, oggettivamente, rappresenta un chiaro vantaggio a favore della nuova emissione. Complessivamente, in base a questi elementi, non sembra poterci essere un vero e proprio clamore per i numeri finora menzionati, ma, il bello arriva solo ora.
Sempre consultando il comunicato del Mef, un certo interesse suscita la frase conclusiva dello stesso documento: «Con successiva comunicazione sarà specificata la composizione della domanda». Effettivamente, finora, ciò che risulta chiaramente è stato l’importo offerto al mercato (10 miliardi), mentre non c’è stata traccia del corrispettivo richiesto dagli operatori. Ed ecco, finalmente, giungere ai famosi numeri eclatanti “de Noantri”. Dando uno sguardo alle varie agenzie di stampa risulta come la «domanda complessiva ha superato i 76 miliardi» (Ansa) o, come citano fonti finanziarie, «gli ordini per il nuovo Btp hanno raggiunto i 77 miliardi» (Radiocor).
Nulla togliendo all’ovvia importanza del miliardo di differenza, questa importante size, se sarà confermata, possiamo certamente considerarla davvero un bel numero. Un numero che, se sommato alla precedente incetta fatta a inizio anno, vede una complessiva domanda (manifestata) pari a 250 miliardi in un solo mese o, detta in maniera più accattivante, un interesse giornaliero superiore a 10 miliardi di euro. Il tutto, escludendo, gli altri collocamenti finora avvenuti. Con questi numeri, e con quelli che nelle scorse ore hanno sintetizzato l’andamento (sufficiente ma non buono) della nostra economia rispetto agli altri Paesi a noi vicini (rif. media europea), dobbiamo ammettere che l’Italia è, ormai, sulla bocca di tutti. Una bocca da sfamare, oggetto di un inappagato bisogno primario, famelico che, auspichiamo, possa ancora risultare insoddisfatto.
Raramente abbiamo potuto scorgere e commentare un’Italia in veste di preda, ambita, e non semplice trofeo sacrificale. Questa volta tocca a noi e ne dobbiamo essere fieri. Sempre, però, ponendo particolare attenzione a eventuali trappole disseminate lungo il cammino. La “legge della giungla” insegna.
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