Il rendimento del decennale italiano è lievitato negli ultimi mesi e lo spread è vicino ai massimi dalla primavera del 2020 quando l’economia italiana chiudeva per “lockdown”. Nelle ultimissime settimane il rendimento è leggermente sceso sulle speranze, tutte da dimostrare, di un’inversione delle politiche monetarie delle banche centrali. La speranza si fonda sulla possibilità di un rallentamento dell’inflazione di cui finora non si vede traccia e che è legata a una recessione economica che sembra vicina in Europa e meno negli Stati Uniti.



In questo scenario l’Italia deve affrontare la sfida dell’incremento dei costi per il debito in una fase in cui la liquidità si ritira e si registrano segnali di stress sui mercati finanziari. Solo tre settimane fa la Bank of England è dovuta intervenire in piena emergenza per “salvare” il mercato dei titoli di stato inglesi da una spirale che stava mettendo a dura prova la piazza finanziaria di Londra e in particolare i fondi pensione.



Nei prossimi due anni l’Italia dovrà rifinanziare circa 480 miliardi di euro di debito pubblico (245 nel 2023 e il resto nel 2024) oltre ai 40 miliardi che dovranno essere rifinanziati entro la fine dell’anno. La distribuzione delle scadenze del debito italiano è spostata sul breve periodo. È una distribuzione anomala e che si differenzia, per esempio, da quella del primo trimestre 2021, quando Draghi faceva il suo ingresso a palazzo Chigi. In quel caso la quantità di debito in scadenza nei 24 mesi successivi era di circa 320 miliardi di euro equamente distribuiti tra il 2021 e il 2022. La variazione dell’ammontare del debito pubblico italiano non spiega il balzo della quota di debito da rifinanziare nei 24 mesi successivi. Spostare la distribuzione del debito in avanti ha un costo perché più sono lunghe le scadenze, più salgono i tassi; il beneficio è quello di ridurre l’impatto della volatilità di breve termine.



Il nuovo Governo italiano dovrà quindi affrontare esigenze di rifinanziamento di breve termine molto peggiori di quelle di 24 mesi fa; questa esigenza si scontra con un mercato estremamente volatile che paga l’effetto della crisi energetica e delle sanzioni e dei rialzi dei tassi che le banche centrali hanno scelto di attuare per provare a contenere l’inflazione. Negli ultimi giorni la volatilità dei mercati è rientrata, ma nessuno si azzarda a fare previsioni su quello che potrà succedere dopo le elezioni di mid-term quando l’esigenza di arrivare all’appuntamento elettorale con i mercati in ordine verrà meno.

Qualsiasi peggioramento delle condizioni di mercato verrà pagata dall’Italia due volte; una perché l’Italia ha un debito pubblico elevato e perché non può o non vuole difendere le imprese dai rincari energetici e la seconda perché arriva all’appuntamento della crisi con esigenze di rifinanziamento di breve sensibilmente più alte della media.

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