Nel lancio di una nuova famiglia di Btp “tricolori” s’intravvedono almeno due linee strategiche intrecciate. La prima è forse la più visibile nella nota del Mef che ha annunciato per il 5-9 giugno una prima tranche di di Btp “Valore” espressamente rivolti al pubblico “retail” dei risparmiatori individuali. I dati tecnici anticipati sono la scadenza quadriennale, un tasso al momento non definito ma crescente nel tempo e un premio fedeltà per chi terrà i titoli in portafoglio per l’intera durata.
Tutto sembra convergere nell’intento di offrire alle famiglie italiane uno strumento d’investimento calato nell’attualità economico-finanziaria, caratterizzata da inflazione, tassi in crescita (dopo una lunga fase-zero) e mercati molto volatili in tutti i segmenti. Il risultato è che ancora lo scorso marzo la raccolta bancaria (depositi e obbligazioni) si attestava al si sopra dei 2mila miliardi di euro. Uno “zoccolo duro” tranquillizzante sul versante della stabilità creditizia; meno su quello dell’efficienza/efficacia di questa mega-risorsa per la crescita.
Il Btp “Valore” mira dunque a “scongelare” il risparmio che le famiglie trattengono liquido nonostante l’evidente effetto-erosione dell’inflazione, Il “buono” avrà un rendimento che sarà diverso dallo zero dei conti correnti bancari o postali, a fronte del rischio della Repubblica italiana. Non coprirà l’inflazione attesa e si confronterà con tassi di mercato in decisa crescita: ma nel termine “medio” di quattro anni, il piccolo investitore avrà la certezza di incassare il capitale nominale, il rendimento e una maggiorazione finale. Da parte di uno Stato che torna suo malgrado a essere “banchiere” è certamente una proposta non simbolica: in parte in concorrenza interna (il BancoPosta offre “buoni” dalle caratteristiche confrontabili); in parte con il sistema bancario, che però ha in vetrina principalmente fondi comuni e polizze (la cui redditività può essere più altra ma è più esposta ai rischi di mercato; ciò che rende anche più bassa la protezione del capitale rispetto ai titoli statali).
È vero che uno Stato indebitato come quello italiano trae un beneficio netto dall’inflazione, vedendo diluite le sue passività: il “valore” distribuito dei nuovi Btp è dunque una parziale “restituzione”. Il gioco sembra diventare più “win-win” – fra Stato e contribuenti/risparrmiatori – laddove un collocamento di Btp presso risparmio “nazionale” è un segnale di forza relativa quando l’era dei tassi zero si è conclusa. L’Italia resta un Paese ad alto debito pubblico ma anche ad alto risparmio privato. L’approccio della sinistra (da ultimo del ministro Roberto Gualtieri, oggi in parte ripreso dalla nuova leader Pd Elly Schlein) è noto: quel “giacimento” andrebbe sfruttato a fondo per via fiscale, attraverso una tassazione patrimoniale. Un Governo di centrodestra è certamente ortodosso nel seguire le vie del mercato per mobilizzare i risparmi “tricolori”. Con una finalità collaterale: evitare che – attraverso i mille canali di una globalizzazione depotenziata ma non demolita – il risparmio degli italiani vada a finanziare gli sviluppi altrui e i redditi di intermediari non italiani.
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