Buco dell’ozono da record in Artico. E’ questa l’ultima notizia da parte degli scienziati di Copernicus Atmosphere Monitoring Service: le colonne dell’ozono sull’area hanno raggiunto valori bassi mai registrati prima generando una anomalia. L’ultima diminuzione così forte si era registrata durante la primavera boreale del 2011. Il livello così basso di ozono nell’Artico, come spiega l’agenzia Dire, è tale da formare un “buco” nello stato che protegge la Terra dai raggi ultravioletti nocivi che arrivano dal sole. E nel 2021, questo valore dovrebbe abbassarsi sempre di più. L’evento evidenziato dagli scienziati è assai raro in quella zona. A differenza del buco dell’ozono nell’Antartico si forma ogni anno durante la primavera australe, l’ultima volta in cui è stata registrata una riduzione di ozono chimico così forte in Artico risale a quasi dieci anni fa. Alla luce di quanto accaduto, gli studiosi del Cams prevedono che l’esaurimento dell’ozono nell’Artico nel 2020 sarà ancora più massiccio. L’importanza dell’ozonosfera è cosa risaputa, dal momento che questa agisce come una sorta di scudo proteggendo la Terra dalle radiazioni ultraviolette potenzialmente dannose. Ma come si forma, in concreto, il buco dell’ozono? Sostanze contenenti bromo e cloro si accumulano nel vortice polare restando chimicamente attive nell’oscurità. Le temperature del vortice possono scendere sotto i -78 gradi Celsius causando la creazione di cristalli di ghiaccio nelle nubi stratosferiche polari svolgendo un importante ruolo nelle reazioni chimiche. Quando il sole sorge sopra il polo, la sua energia rilascia atomi di cloro e bromo chimicamente attivi nel vortice che disgruggono le molecole di ozono e ne causano la formazione del buco.



BUCO DELL’OZONO DA RECORD IN ARTICO: ATTIVITÀ COSTANTE DI MONITORAGGIO

Vincent-Henri Peuch, Director of the Copernicus Atmosphere Monitoring Service e che si è occupato del monitoraggio del buco dell’ozono nell’Artico, ha reso note le previsioni: “le temperature hanno ora iniziato ad aumentare nel vortice polare. Questo significa che l’esaurimento dell’ozono rallenterà e alla fine si fermerà, poiché l’aria polare si mescolerà con l’aria ricca di ozono dalle latitudini più basse”. Nelle prossime settimane il Cams continuerà il lavoro di monitoraggio come fatto fino a questo punto. Le sue scoperte hanno portato a dimostrare che nello strato tra 80 e 50 hPa, a circa 18 chilometri di altitudine, è stata esaurita. Ad intervenire sul tema, come spiega SkyTg24, è stato anche Diego Loyola, ricercatore dell’agenzia spaziale tedesca Dlr, secondo il quale il buco dell’ozono che si è aperto a marzo sull’Artico dovrebbe chiudersi entro metà aprile grazie ai dati forniti dal satellite Sentinel-5P legato all’attività di monitoraggio del Cams. Le stime dei ricercatori suggeriscono che il buco dell’ozono sull’Artico dovrebbe “chiudersi verso la metà di aprile 2020”.



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