Commedia remake di un film canadese, Menteur, del 2019, il film Bugiardo seriale (2022) racconta la storia di Jerome: single, viveur, le fila tutte, egocentrico e mitomane. Ha letto Tolstoj e Voltaire, ha fatto domanda da astronauta, aiuta un’anziana in un Rsa, ha chiesto in adozione un figlio, al fratello capitano le sfighe più assurde, ha avuto un’infanzia difficile con i suoi genitori, una balena era davanti a Nizza, il vicino giardiniere è un killer psicopatico, in un mese ha bucato l’auto diciotto volte, ha una super moto, ha donato un rene al fratello, la casa si è allagata, la cognata è arrapata di lui, ha salvato in mare un russo che ora farà restaurare dodici yatch nella sua azienda dove è direttore delle vendite.
Tutte balle che dice continuamente, da qui il titolo del film. Ormai non ha più credibilità sia con i suoi genitori e familiari che al lavoro. Ma un giorno, le menzogne diventano realtà. Solo tre esempi: il fratello scopre di avere tre reni; si presenta una donna con il figlio adolescente per l’adozione; due responsabili dell’Ente spaziale europeo gli comunicano che a breve partirà per una missione nello spazio.
Chiaramente tutto questo ribaltamento lo destabilizza. La sua vita diventa un incubo. Forse nel suo inconscio alcune delle menzogne erano dei desideri che voleva diventassero realtà, ma quando poi succede è impreparato. E solo allora capisce di essere stato un gran superficialone, un cazzaro continuo e solo un’amore vero per una donna lo smuoverà. Chiederà perdono a tutti delle sue menzogne e si redimerà.
Le gag sono divertenti, l’attore protagonista Tarek Boudali è un comico ormai affermato. Le commedie francesi ormai da anni meritano dei punti in più di valutazione delle nostrane.
È vero che ci sono dei buchi di narrazione, però possiamo guardarlo senza la pretesa che sia un capolavoro della comicità e senza cercare dei significati reconditi. L’idea è buona, il ritmo c’è e le battute non scadono mai nei riferimenti sessuali. Si sorride.
L’ho guardato casualmente su Prime Video perché mi ha stuzzicato un ricordo di gioventù. Un amico che non vedo dagli anni ’80, diede in quel periodo in un una botta sola gli esami di quarta superiore e la maturità tecnica da privatista. Il tutto condito con tanto di sceneggiata, accompagnando nei giorni d’esame un altro nostro amico in motoretta mostrandogli la sua scuola. Le donnine che ci giravano intorno andarono a verificare poi in segreteria dell’istituto e venne fuori che era una bufula, ma lui continuò sulla sua strada. Ho un testimone di tutto ciò, il mio amico Brogio (soprannome per la privacy), che confermerebbe a mani basse.
Anche lì però sorridevamo come per il film. Anzi, a ripensarci si potrebbe trarne una serie tv.
A quei tempi non era ancora stato coniato il termine fake news, ma le bufale esistono da sempre. La prima che mi ricordo da piccolo era che in Russia i comunisti mangiavano i bambini e forse è stata quella a fami diventare anticomunista. Ora abbiamo le immagini fake generate dall’Intelligenza artificiale.
Balle, bugie, bufale, fake, sempre dall’uomo e dalla sua volontà sono generate. I protagonisti siamo e restiamo sempre noi.
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