Alla fine del 2005, il primo episodio – Il leone, la strega e l’armadio – divenne un caso planetario. Ora, a qualche mese di distanza rispetto al resto del mondo, arriva anche in Italia la seconda parte de Le Cronache di Narnia: Il principe Caspian. La saga fantasy di Clive Staples Lewis ha così conquistato nuove legioni di fans, che sull’onda del successo cinematografico hanno letto con gusto edizioni vecchie e nuove dei sette romanzi che compongono la serie. Ne Il principe Caspian, anche questa volta prodotto dalla Walden Media insieme alla Walt Disney, ritroviamo i quattro giovani protagonisti Peter, Susan, Edmund e Lucy: un anno dopo il fantastico viaggio in cui erano diventati re e regine di Narnia, i quattro fratelli si ritrovano ancora catapultati dalla Londra degli anni Quaranta a quel mondo di favola. Dove però sono passati, nel frattempo, 1300 anni.
E dove tutto è cambiato: il trono è stato usurpato dalla dinastia dei Telmarini, razza umana che ha per secoli cercato di distruggere Narnia fino a costringere i suoi abitanti a vivere nascosti. I quattro ragazzi si ritroveranno alleati al giovane Principe Caspian della stirpe “nemica”, costretto anch’esso a fuggire dal sanguinario zio (l’italiano Sergio Castellitto, il cui luogotenente è l’altro “tricolore” Pierfrancesco Favino) che vuole assassinarlo per prendere il suo posto. Come e più che per il primo episodio, sono fioccate e fioccheranno discussioni e polemiche sul grado di fedeltà del film al romanzo di Lewis, scrittore che vanta ancora – per fortuna – ammiratori appassionati. Senza contare che ci sono numerosi giovani e giovanissimi appassionati di romanzi fantasy che, come per Harry Potter, sono capaci di spaccare il capello in quattro per ogni modifica al testo. Come noto, cinema e letteratura sono cose ben distinte; e sarebbe buona norma – impossibile, umanamente, a chi ama un romanzo – dimenticare il testo originario quando si vede la sua trasposizione cinematografica. Nel caso in specie, poi, non bisogna dimenticare che il film nasce fin dall’inizio con l’obiettivo di semplificare ulteriormente il livello per risultare appetibile al maggior numero di spettatori possibili, soprattutto bambini e ragazzi (e infatti studenti liceali o universitari si sentono “tagliati” fuori o traditi da pellicole in cui non ritrovano le pagine; senza parlare di genitori o professori).
Ma chi sa guardare e ascoltare – occhio alla piccola Lucy, è il personaggio chiave – non rimarrà deluso da alcune finezze. Per esempio: la lotta tra fede e scetticismo. Altro quesito: meglio il primo o il secondo episodio? A nostro parere, Il leone, la strega e l’armadio era visivamente più ricco, e il Leone Aslan che simboleggia Cristo era una figura più incisiva (ma rovinata, in Italia, da un doppiaggio infelice). Questa volta, prevale l’aspetto dell’avventura, tanto da accentuare la divaricazione del pubblico: gli adulti rischiano di annoiarsi un po’, i ragazzi e anche i bambini (c’è un po’ di violenza, ma molta meno che nei loro amati videogiochi) si divertono un sacco. Da questo punto di vista, c’è da augurarsi che la saga continui e anzi possa essere presa spunto per emulazioni di alto livello (non alla Bussola d’oro, per capirci). C’è bisogno, nel cinema, del genere avventuroso: genere dimenticato per troppo tempo e ritornato in voga nell’ultimo decennio. Genere, soprattutto, che spesso ha saputo raccontare la realtà anche deformata dalla fantasia, cioè che la vita vale la pena di essere vissuta con coraggio e cercando il vero Bene.