Con i suoi 76 anni (è stata fondata nel 1932) e le 65 edizioni, la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia è il più antico festival cinematografico del mondo. Da tempo non è il più prestigioso (per collocazione geografica, capitali investiti e glamour, Cannes da tempo risulta imbattibile) e il fascino del Lido è ormai considerato un po’ fanée. Un lungo periodo di contestazione, cominciato nel ’68 (e a cui quest’anno il giornalista Antonello Sarno dedicherà un documentario) ha per molto tempo minato la credibilità della rassegna, che ha cominciato a riprendersi solo negli anni ’90. D’altra parte, l’attuale gestione artistica di Marco Müller, un direttore cosmopolita, dalla forte personalità e con ottimi contatti con le cinematografie di tutto il mondo, ha fatto sì che le ultime edizioni della Mostra, almeno dal punto di vista dei titoli, si presentassero con titoli di tutto rispetto, a prescindere dalle scelte (spesso contestabili e contestate) delle giurie.

Ad aprire la Mostra, e presentato fuori concorso, sarà l’attesissimo (doveva essere a Cannes) Burn After Reading di Joel ed Ethan Coen, una caustica commedia interpretata da George Clooney e Brad Pitt. In concorso, ventuno titoli da quattro continenti; si va dagli americani Rachel Getting Married, un film sulla malattia, di Jonathan Demme (USA), The Burning Plain di Guillermo Arriaga (USA), la storia del rapporto tra una madre e una figlia; The Hurt Locker di Kathryn Bigelow, sulla guerra in Irak (USA); Vegas: Based on a True Story dell’iraniano/americano Amir Naderi (USA) e The Wrestler di Darren Aronofsky (USA) su un lottatore al termine della carriera, interpretato da Mickey Rourke; quindi gli europei L’Autre di Patrick Mario Bernard e Pierre Trividic (Francia); Teza di Haile Gerima (Etiopia, Germania, Francia); Inland di Tariq Teguia (Algeria, Francia); Paper Soldier di Aleksey German Jr (Russia); Sut di Semih Kaplanoglu (Turchia, Francia, Germania); Jerichow di Christian Petzold (Germania); Inju, la Bete dans l’Ombre di Barbet Schroeder (Francia); Nuit de chien di Werner Schroeter (Francia, Germania, Portogallo). Dall’Asia arrivano invece Achilles and the Tortoise di Takeshi Kitano (Giappone), un autore molto amato e quasi sempre presente a Venezia; Ponyo on the Cliff by the Sea Hayao Miyazaki, il massimo autore giapponese di animazioni (Giappone); e Plastic City di Yu Lik-wai (Brasile, Cina, Hong Kong, Giappone); The Sky Crawlers di Oshii Mamoru (Giappone).
 

Per quanto riguarda il cinema nazionale, l’ottima accoglienza e i premi di Cannes a Gomorra di Matteo Garrone e Il divo di Paolo Sorrentino, fanno sì che a Venezia la nostra cinematografia sia rappresentata da una numerosa produzione, forte di ben venti titoli selezionati di cui quattro in concorso. Per il Leone d’Oro concorrono Un giorno perfetto di Ferzan Ozpetek, Il seme della discordia di Pappi Corsicato, La terra degli uomini rossi – Birdwatchers di Marco Bechis e Il papà di Giovanna di Pupi Avati. Fuori concorso invece Puccini e la fanciulla di Paolo Benvenuti, sulla storia privata del maestro del melodramma, nel 150° anniversario della nascita; la versione restaurata di Yuppi Du (1975) diretto e interpretato da Adriano Celentano; il cortometraggio documentario di Mario Monicelli Vicino al Colosseo… c’è Monti; due film dedicati al cantautore, attore e regista Domenico Modugno – Nel blu dipinto di blu (Volare) di Piero Tellini e Tutto e musica, un film del 1963 diretto dallo stesso Modugno. Sempre fuori concorso, ma tra gli eventi, La rabbia (1963), un film in due parti diretto da Pier Paolo Pasolini e Giovanni Guareschi.
 

Nella sezione “Orizzonti”, due opere prime: Pa-ra-da di Marco Pontecorvo e Il primo giorno d’inverno di Mirko Locatelli, oltre al documentario di coproduzione italo-americana Below Sea Level di Gianfranco Rosi; negli eventi speciali, la proiezione di due documentari sul tema delle morti sul lavoro, La fabbrica dei tedeschi di Mimmo Calopresti e ThyssenKrupp Blues di Pietro Balla e Monica Repetto, entrambi dedicati all’incendio della ThyssenKrupp di Torino nel quale persero la vita sette operai. Ma in “Eventi Orizzonti” c’è spazio anche per altri documentari come Solo un nome nei titoli di testa di Daniele di Biasio, Antonioni su Antonioni di Carlo Di Carlo, Verso Est di Laura Angiulli, e il già citato Venezia ’68 di Antonello Sarno.
Le due rassegne che come di consueto si svolgono parallelamente al festival, la Giornate degli Autori e La Settimana della Critica, saranno l’occasione per vedere altre opere dei nostri registi. Alle Giornate ben quattro titoli sono italiani: Machan di Uberto Pasolini, Un altro pianeta di Stefano Tummolini e due documentari della serie Ritratti (Che saccio di Camille d’Arcimoles e Il passato è il mio bastone di Flavia Mastrella e Antonio Rezza). La Settimana della Critica presenta invece in concorso Il pranzo di Ferragosto di Gianni Di Gregorio e fuori concorso, in chiusura, il documentario Pinuccio Lovero – Sogno di una morte di mezza estate di Pippo Mezzapesa.
E a chiudere la 65ma Mostra, fuori concorso, ancora un film italiano: l’ormai storico Orfeo 9, opera rock del 1973 di Tito Schipa Jr. con Renato Zero e Loredana Bertè.

 


(Foto Ansa: da sinistra Paolo Baratta, presidente della Biennale e Marco Muller, direttore artistico del settore Cinema)

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