Il papà di Giovanna

Film di Pupi Avati

Con Silvio Orlando, Francesca Neri, Alba Rohrwacher, Ezio Greggio

Una piacevole sorpresa della 65ma edizione della Mostra del Cinema di Venezia. Dopo una serie di film negli ultimi anni che non hanno particolarmente brillato, con Il papà di Giovanna il regista bolognese ritrova modalità espressive più felici. Tratto da un libro da lui stesso scritto, il film è ambientato a Bologna e inizia durante il fascismo e prima della seconda guerra mondiale. Michele Casali è un insegnante di disegno in un liceo della città. Docente serio e coscienzioso, ha soprattutto un grande cruccio: la figlia Giovanna. Né bella né particolarmente aggraziata, l’insicura Giovanna frequenta lo stesso istituto nel quale il padre insegna. Questi, da parte sua, si è sentito in dovere fin da quando la figlia era bambina, di proteggerla, di venirle incontro, di farle credere di essere una ragazza bella e corteggiata.

Giovanna così è spinta a credere che un compagno di scuola si sia innamorato di lei e quando la cruda verità le viene invece sbattuta in faccia da un’amica – il ragazzo la corteggia solo per ingraziarsi il padre ed essere ammesso alla maturità – scatta la tragedia che condannerà Giovanna all’ospedale psichiatrico e Michele a una vita incentrata sulle visite alla figlia.

Intanto, intorno a Michele e Giovanna gli anni passano, il fascismo trionfa, poi inizia la guerra e arriverà l’armistizio con tragedie ancora peggiori. A far da compagnia a Michele ci sarà Sergio, il poliziotto che abita dirimpetto con le sorelle e che si prende a cuore le vicende dell’uomo.

Avati negli ultimi anni dà il meglio di sé nelle storie familiari, sui legami tra genitori, figli e il difficile rapporto nel mondo esterno (come nel caso di Il cuore altrove o Quando arrivano le ragazze) riuscendo a mantenere il film entro i binari di una scrittura semplice e dando ai personaggi il giusto peso. Molto è dovuto a Silvio Orlando, che porta su di sé gran parte della storia ed entra perfettamente nei panni un po’ dimessi del genitore accecato dall’affetto, che fatica a rendersi conto della vera situazione della figlia; ma che quando scopre amaramente una verità che non aveva voluto riconoscere, se ne fa carico fino in fondo, anche se abbandonato dalla moglie (Francesca Neri) che invece non riesce più a riconoscersi come madre.

A completare il cast, Alba Rohrwacher nella parte di Giovanna (già apprezzata in Giorni e nuvole di Soldini), brava e credibile negli sbalzi di umore, nelle fissazioni, nell’ossessività della malattia e nell’amore per i genitori; ma un encomio lo merita anche Ezio Greggio, che, tenendosi a freno, riesce a far dimenticare di essere un comico televisivo e a rendere credibile il buon poliziotto. Girato con una tavolozza tendente al seppia per accentuare anche la povertà dei tempi e la modesta condizione dei protagonisti, contrapposta al lusso del palazzo della ricca compagna di scuola, Il papà di Giovanna è anche un piccolo (e a volte un po’ sommario) corso di storia recente, che al di fuori della casa dei protagonisti lascia intuire l’adesione delle masse al fascismo, poi i primi ripensamenti, fino alla sconfitta e alle esecuzioni sommarie che succedettero alla liberazione.