John Woo è, solo per fare due esempi, il regista di Face Off e Paycheck, due thriller dalla trama complessa, ricchi di scene d’azione e di combattimenti corpo a corpo, con movimenti di macchina e inquadrature che avrebbero spaventato più di un collega, ma che sono il piatto preferito del regista cinese. Dopo un lungo periodo hollywoodiano, Woo è tornato nella natia Cina, giusto per mettere in scena uno dei più noti poemi epici della storia locale.

Non si tratta quindi di un film del filone cosiddetto wuxia, a base di eroi con caratteristiche che sfiorano il soprannaturale combattendo per aria o camminando in cima alle piante di bambù (vedi titoli come La tigre e il dragone oppure Hero), ma di un film corale, che narra di una famosa battaglia dei tempi passati.

L’evento è accaduto nel II secolo D.C. ed è narrato dagli storici del tempo come un combattimento epocale, che ha impegnato circa duemila navi e centinaia di migliaia di uomini, e che ha visto come protagonisti due regni alleati, impegnati a resistere all’attacco sferrato da un signore della guerra, il temibile Cao Cao, che ha assoggettato il giovane imperatore e vuole impadronirsi dell’intera Cina.

La battaglia dei tre regni è uno splendido affresco dell’epoca e al tempo stesso un efficace trattato di strategia militare: usando al minimo gli effetti speciali, John Woo punta sul richiamo carismatico degli attori (Tony Leung nei panni del viceré Zhou Yue e Takeshi Kaneshiro nel ruolo dello stratega Zhuge Liang) impegnati a resistere alle forze spropositate che scendono lungo il fiume YangTze.

 

Ogni personaggio ha una sua storia e tratti che lo definiscono con precisione (il coraggioso, l’astuto, il dispotico) e impressiona anche il peso dato ai caratteri femminili, tutt’altro che secondari anche un film di guerra. Ridotto a due ore e mezza dalle originali quattro (in Cina è uscito in due parti distinte), La battaglia dei tre regni è un film appassionante, che, come tutti i poemi epici, esalta doti come la lealtà, la condivisione delle avversità, la correttezza anche nelle azioni di guerra, senza trascurare quegli aspetti, come le arti marziali, che notoriamente appassionano anche il pubblico occidentale.