Dopo i passaggi a Cannes e Venezia, e l’uscita in tutto il mondo, è stato finalmente visto e apprezzato anche dal pubblico italiano il nuovo grande film della Pixar di John Lasseter: Up, che circola anche in versione 3D, la nuova tecnologia che sta cambiando il cinema. E che qui aggiunge poco – se non in alcune scene movimentate – a un film i cui pregi risiedono nella storia divertentissima, avventurosa, commovente, indimenticabile. Caratteristiche che tornano spesso nei film Pixar.

Il protagonista di Up è Carl Fredricksen: lo osserviamo all’inizio bambino, che guarda al cinema con candido stupore immagini sgranate in bianco e nero (siamo negli anni 30) sull’eroico esploratore Charles Muntz, di cui diventa un fan; come lo è la piccola Ellie, destinata a diventare sua grande amica. Con un veloce salto nel tempo vediamo i due bambini – così diversi tra loro: lei chiacchierona e buffa, lui silenzioso e goffo – sognare avventure in posti paradisiaci, poi diventare grandi, sposarsi, sperare (invano) di avere figli e quindi invecchiare, in una veloce carrellata muta che – anche grazie alle musiche di Michael Giacchino – risulta di una grazia chapliniana. Sognatori affettuosi e innamorati, il venditore di palloncini Carl e la sua amata moglie Ellie hanno vissuto una vita semplice e felice. Finché lei non lo lascia solo su questa terra. E qui vediamo l’ormai vedovo Carl come è adesso, a 78 anni: solo, inacidito con il mondo, sospettoso verso gli strani uomini che costruiscono palazzi attorno a lui e che vorrebbero comprargli la casetta costruita e curata con amore insieme a Ellie, il cui ricordo è l’unica cosa che lo tiene in vita. E quando con un pretesto cercheranno di portargli quella specie di santuario della memoria del loro tenero amore coniugale, escogiterà una via di fuga incredibile: attaccando miriadi di palloncini alla dimora sradicata notte tempo dal terreno, volerà via in cerca di quelle avventure sognate tutta la vita e mai realizzate. Ma c’è un imprevisto: il piccolo Russell, un boy scout di 8 anni che gli si è infilato in casa e che vuole viaggiare con lui… Controvoglia, il burbero Carl se lo deve portar dietro: insieme si troveranno a vivere in Sud America avventure mirabolanti, drammatici pericoli e sorprese a non finire (con scene che esaltano l’incredibile spettacolarità del film, sempre con la casetta volante appresso…): come la scoperta che certi eroi non sono poi così apprezzabili, e che invece anche la persona più comune può diventare un vero eroe per salvare chi vuol bene.

Abbiamo forse detto anche troppo, ma in realtà c’è molto di più in Up, a cominciare da alcuni “caratteri” comici che seguono la tradizione Disney e Pixar (il divertente cane parlante Doug e l’uccello rarissimo Kevin), da battute irresistibili, da gag calibrate al millimetro. Ma soprattutto, in Up c’è la consueta capacità dello staff Pixar – qui alla regia c’è Pete Docter, che già realizzò Monsters & Co. – di unire divertimento e toccante rappresentazione umana. Dopo aver raccontato giocattoli in crisi di identità o alla ricerca delle proprie origini (i due Toy Story), mostri che scoprono l’accettazione dell’alterità come strada per l’amicizia (Monsters & Co.), padri ansiosi e figli ribelli (Alla ricerca di Nemo), uomini in crisi di mezza età e di famiglie litigiose ma in fondo unite (Gli incredibili), amicizie che cambiano la vita (Cars), talenti che aprono anche il cuore più indurito (Ratatouille), e uomini capaci di riscattarsi dopo secoli di “letargo” esistenziale (Wall-E), anche stavolta riescono ancora a sorprenderci. Raccontando non solo l’ennesima “strana coppia” del cinema formata dal bambino e dal vecchietto (che ricorda tantissimo Spencer Tracy, grande attore di qualche decennio fa, anche nei modi burberi ma in fondo bonari), ma soprattutto mettendo al centro temi come la perdita della persona amata, la solitudine, la necessità di vivere il ricordo come memoria viva e non come ostacolo alla vita.

 

Dopo aver sognato avventure impossibili, Carl non solo si troverà a viverle anche oltre ogni sua immaginazione, ma capirà – grazie all’ultimo regalo di Ellie, in una scena che fa commuovere anche i sassi – che la sua più grande avventura è stato vivere sempre accanto al grande amore della sua vita. Un amore così grande da invitarlo ad andare avanti, a non fermarsi a un pur dolce ricordo e a lanciarsi nelle nuove avventure che l’esistenza gli può ancora proporre. Che sia lanciarsi in imprese spericolate per un ometto quasi ottantenne o confortare un bambino dalla difficile situazione affettiva.