Come ogni anno ci si chiede se i verdetti della Notte degli Oscar siano giustificati. Il trionfo del regista inglese Danny Boyle, ex talento rivelazione dei tempi di Trainspotting ultimamente un po’ appannato, con il suo film indiano The Millionaire è da considerarsi – come qualche osservatore ritiene – l’esaltazione di un buonismo molto furbo? O si tratta di una vittoria meritata?

A nostro parere, nel lotto dei film candidati un mese fa The Millionaire era la scelta più giusta, o quanto meno più sensata. Tra i cinque potenziali miglior film, le nostre preferenze andavano a Frost/Nixon, rievocazione del confronto teso ma corretto tra l’intervistatore David Frost e l’ex presidente Usa Richard Nixon, un film che il regista Ron Howard riesce a rendere avvincente come un giallo nonostante sia soprattutto un film di parole e non di azione.

Ma The Millionaire è più cinema: colorato melodramma appassionato e pieno di fatti, colpi di scena, tragedie, speranze, colori… Il cinema è questo, con buona pace di intellettuali snob. Lo dovrebbe essere anche Il curioso caso di Benjamin Button: ma da un racconto di Scott Fitzgerald, David Fincher non è riuscito a rendere al meglio per immagini una vicenda che vorrebbe essere commovente (un bambino che nasce vecchio, e invecchiando in realtà ringiovanisce fino a morire anziano ma neonato), ma risulta fredda e confusa o al massimo solo “curiosa”, evidenziando solo la bravura prodigiosa degli addetti al trucco e agli effetti speciali (Brad Pitt appare con la faccia da vecchio precoce, uomo di mezza età, adolescente imberbe…).

Gli altri due film in gara, Milk e The Reader, hanno visto premiati i rispettivi protagonisti Sean Penn e Kate Winslet ma non meritavano nemmeno la cinquina. E anche le loro star, pur molto brave, sono state premiate oltre il dovuto: a Sean Penn era superiore il commovente Mickey Rourke di The Wrestler (in uscita il 6 marzo), mentre la Winslet quest’anno era molto più brava in Revolutionary Road.

E se tra gli attori non protagonisti era scontato l’omaggio alla memoria a Heath Ledger (eccezionale Joker ne Il cavaliere oscuro come nemico di Batman), nella categoria per il miglior film straniero i favoriti La classe Valzer con Bashir sono stati sconfitti dalla sorpresa giapponese Departures; ma il sospetto è che i pasticci nella pre selezione – che sono costati la nomination a Gomorra – abbiano reso anche stavolta poco credibile questo premio, che oggettivamente interessa poco agli americani.

Perché, anche nei premi principali, ad aver sfalsato la gara non sono state tanto le scelte delle votazioni finali, ma quelle a monte un mese fa per le nomination. Con assenze ingiustificate dalle cinquine: ad esempio, nella categoria miglior film ci potevano stare benissimo il già citato Revolutionary Road, il nuovo capolavoro della Pixar Wall-E (vincitore nella categoria film d’animazione: in realtà il suo valore è quello di un film tout court, più per adulti che per bambini), lo stesso The Wrestler e perfino Il cavaliere oscuro (ma da qualche anno chi incassa troppo viene penalizzato: un tempo non era certo così).

Soprattutto, poteva e doveva essere considerato almeno uno dei due bellissimi nuovi film di Clint Eastwood (se non entrambi): Changeling, molto apprezzato anche nel nostro Paese, e Gran Torino, enorme successo negli Usa e d’imminente uscita anche in Italia. Sembra evidente che Eastwood sia stato penalizzato dalle sue vittorie passate (ha ottenuto Oscar per Gli spietati, Million Dolllar Baby, Mystic River, Lettere da Iwo Jima), nonostante la conferma della sua capacità narrativa che ne fa oggi il miglior regista d’America.

Quanto agli Oscar assegnati domenica notte, a noi appare chiaro che se fossero stati presi in considerazione alcuni di questi grandi titoli esclusi ingiustamente, forse avrebbe avuto senso non scegliere The Millionaire come film dell’anno. Con i concorrenti che si è ritrovato “in finale” a causa delle scelte dell’Academy, invece, non si può gridare allo scandalo.