Partenza con il botto per il Festival di Cannes, con il nuovo grande film della Pixar di John Lasseter. La casa di animazione acquistata dalla Disney – ma ora Lasseter guida anche Disney Animation: il conquistato che diventa conquistatore – ha presentato fuori concorso Up, il suo nuovo gioiello. Una scelta coraggiosa quella di Cannes, anche un po’ scorretta rispetto alla Mostra di Venezia, che da mesi aveva annunciato il Leone d’oro alla carriera a John Lasseter e ai suoi registi di punta e contava di avere l’anteprima di Up.

È stata una doppia prima volta per il festival francese, in genere elitario e anche un po’ snob: non solo perché non era mai accaduto che l’inaugurazione fosse affidata a un film di animazione e non al “solito” film d’autore un po’ noioso e che fa sbadigliare gli invitati in smoking (anche perché i migliori autori vengono riservati al concorso e per la seconda parte del festival), o al blockbuster americano che con una storia improbabile scontenta tutti come tre anni fa Il Codice da Vinci.

Ma è stata la prima volta a Cannes (e in generale per un importante festival internazionale) anche per un film in 3 D, la nuova tecnologia che sta cambiando il cinema. Forniti di occhialini all’ingresso, gli spettatori della “soirèe” – come delle altre proiezioni per stampa, addetti ai lavori e pubblico – sono tornati un po’ bambini con una storia divertentissima, avventurosa, commovente. Caratteristiche che tornano spesso nei film Pixar. Il protagonista di Up (che si vedrà nei cinema italiani in ottobre) è Carl Fredricksen: lo osserviamo all’inizio bambino, che vede al cinema immagini sgranate in bianco e nero (siamo negli anni 30) sull’eroico esploratore Charles Muntz, di cui diventa un fan così come la sua nuova amica Ellie. Con un veloce salto nel tempo vediamo i due bambini – così diversi tra loro: lei chiacchierona e buffa, lui silenzioso e goffo – sognare avventure in posti paradisiaci, poi diventare grandi, sposarsi, sperare (invano) di avere figli e quindi invecchiare, in una veloce carrellata muta che anche grazie alle musiche di Michael Giacchino risulta di una grazia chapliniana. Sognatori affettuosi e innamorati, il venditore di palloncini Carl e la sua amata moglie Ellie hanno vissuto una vita semplice e felice. Finché lei non lo lascia vedovo. E qui vediamo Carl come è adesso, a 78 anni: solo, inacidito con il mondo, sospettoso verso gli strani uomini che costruiscono palazzi attorno a lui e che vorrebbero comprargli la casetta costruita e curata con amore insieme a Ellie, il cui ricordo è l’unica cosa che lo tiene in vita. E quando con un pretesto cercheranno di portargli via la casa, escogiterà una via di fuga incredibile: attaccando miriadi di palloncini alla dimora sradicata notte tempo dal terreno, volerà via in cerca di quelle avventure sognate tutta la vita e mai realizzate. Ma c’è un imprevisto: il piccolo Russell, un boy scout di 8 anni che gli si è infilato in casa e che vuole viaggiare con lui… Controvoglia, il burbero Carl e il simpatico Russell si troveranno a vivere in Sud America avventure mirabolanti, drammatici pericoli e sorprese a non finire (con scene che esaltano l’incredibile spettacolarità del film, sempre con la casetta volante appresso…): come la scoperta che certi eroi non sono poi così apprezzabili, e che invece anche la persona più comune può diventare un vero eroe per salvare chi vuol bene.

Abbiamo forse detto anche troppo, ma in realtà c’è molto di più in Up, a cominciare da alcuni “caratteri” comici che seguono la tradizione Disney e Pixar (il divertente cane parlante Doug e l’uccello rarissimo Kevin), da battute irresistibili, da gag calibrate al millimetro. Ma soprattutto, in Up c’è la consueta capacità dello staff Pixar – qui alla regia c’è Pete Docter, che già realizzò Monsters & Co. – di unire divertimento e toccante rappresentazione umana. Dopo aver raccontato di giocattoli in crisi di identità o alla ricerca delle proprie origini (i due Toy Story), di mostri che scoprono l’accettazione dell’alterità come strada per l’amicizia (Monsters & Co.), di padri ansiosi e figli ribelli (Alla ricerca di Nemo), di uomini in crisi di mezza età e di famiglie litigiose ma in fondo unite (Gli incredibili), di amicizie che cambiano la vita (Cars), di talento che apre anche il cuore più indurito (Ratatouille), e di riscatto del genere umano dopo secoli di “letargo” esistenziale (Wall-E), anche stavolta riescono ancora a sorprenderci.

Raccontando non solo l’ennesima “strana coppia” del cinema formata dal bambino e dal vecchietto (che ricorda tantissimo Spencer Tracy, grande attore di qualche decennio fa, anche nei modi burberi ma in fondo bonari), ma soprattutto mettendo al centro temi come la perdita della persona amata, la solitudine, la necessità di vivere il ricordo come memoria viva e non come ostacolo alla vita. Dopo aver sognato avventure impossibili, non solo si troverà a viverle anche oltre ogni sua immaginazione, ma capirà – grazie all’ultimo regalo di Ellie, in una scena che fa commuovere anche i sassi – che la sua più grande avventura è stato vivere sempre accanto al grande amore della sua vita. Un amore così grande da invitarlo ad andare avanti, a non fermarsi a un pur dolce ricordo e a lanciarsi nelle nuove avventure che l’esistenza gli può ancora proporre. Che sia lanciarsi in imprese spericolate per un ometto quasi ottantenne o confortare un bambino dalla difficile situazione affettiva.