Ieri abbiamo concluso parlando di Tom Cruise il teutonico di “Operazione Valchiria”. Rimanendo in Germania, ma quella degli anni ’70 squassata dal terrorismo, merita di esser visto La banda Baader Meinhof: il famigerato gruppo che si ispirò alle italiane Brigate Rosse è raccontato in maniera fedele ai fatti, senza esaltazioni ma entrando per così dire dentro le loro azioni, tanto che a uno sguardo superficiale può sembrare un film d’azione che specula sulla storia; ma, come Romanzo criminale di Michele Placido sulla banda della Magliana, questo film usa l’enfasi narrativa per restituire il clima dell’epoca, quando un gruppo di pazzi esaltati – e umanamente mediocri, come si vede nel film – veniva adorato da ragazzi in cerca di eroi. Accadde la stessa cosa a Jacques Mesrine, criminale solitario o quasi della Francia anni ’70, che svaligia banche, entra ed esce da prigioni blindatissime, ama e uccide con furia e megalomania, convinto di una superiorità umana su una società che disprezza, ma anche con suoi paradossali codici d’onore. Il film girato sulle sue “gesta”, Nemico pubblico n.1, non poteva avere in Italia (dove è stato diviso al cinema in due parti: sono in totale quasi 4 ore) lo stesso successo riscosso in Francia, anche grazie a una monumentale interpretazione di Vincent Cassel: per troppi giornali italiani continua a essere solo il marito di Monica Bellucci, in realtà è uno degli attori migliori del mondo. Vedere per credere.

La storia fa capolino anche in Frost/Nixon – Il duello: la cronaca dell’unica intervista concessa dall’ex presidente Usa Richard Nixon a un presentatore australiano (non un giornalista “vero”), in cui il presidente dello scandalo Watergate confessò quel che non aveva mai ammesso in precedenza. Un duello umano – e anche di interpreti, davvero bravissimi – ricco di sottigliezze, ma anche un rapporto improbabile eppure sincero tra due persone diversissime la cui parabola umana si incrocia per un breve ma decisivo momento. Un vero giornalista è invece il Russell Crowe di State of Play: un thriller ben fatto come una volta ma con un finale purtroppo pasticciato; il vero pregio è però la descrizione della vita di un quotidiano di oggi, con la paura del declino della carta stampata ma anche l’esaltazione della sua fondamentale importanza, e del ruolo del giornalista nella società americana che ama come poche la parola “verità”. Parola che ha guidato Oliver Stone nell’indagare senza pregiudizi la vita di un suo “nemico” politico come l’ex presidente Bush: W., dopo la presentazione al festival di Torino, non è praticamente mai uscito al cinema; sia stato il disinteresse per una figura ormai surclassata dall’avvento di Barack Obama o il frutto di una scelta commerciale (è passato direttamente in tv, su La7, proprio alla vigilia dell’insediamento del nuovo presidente), è un peccato non aver visto quest’opera che non nasconde il giudizio negativo di Stone su Bush jr ma ne fa risaltare anche i pregi, ne descrive il contesto familiare e politico (i difficili rapporti col padre, lo staff pieno di gente rozza o cinica) e “inventa” quel che giornali e libri non dicono. Facendo grande cinema (alcune trovate, di sceneggiatura o visive, sono notevoli) e non un pamphlet astioso. Perciò non è piaciuto a chi voleva un film che condannasse il “mostro”.

Cambiamo completamente genere con Two Lovers, in cui un ragazzo salvato dal suicidio si barcamena tra due donne: una lo ama, ma lui ama un’altra che però non se ne accorge. Due ottimi attori, Joaquin Phoenix e Gwyneth Paltrow, per un film che parla della confusione del cuore; toccante per chi ha la sensibilità giusta per apprezzarlo. Come pure il più complesso, e anche più duro, The Burning Plain: una serie di storie si incrociano – come va di moda nel cinema degli ultimi 15 anni – per svelare a poco a poco una storia tragica di tradimenti, segreti, figli che giudicano e disprezzano i genitori; ma al contrario di altri film simili, il finale è di grande speranza. E Charlize Theron è più bella e brava che mai.

Sicuramente più leggero, ma senza far sconti sulle difficoltà della vita soprattutto coniugale, è il simpatico Io & Marley con Owen Wilson e Jennifer Aniston: due giovani che hanno paura di avere figli e quindi iniziano ad avere un cane… Poi arriveranno i figli e i problemi, ma anche la convinzione che nessuna fatica prevale sulla bellezza. Un percorso in cui il cane Marley è compagno prima invadente e distruttore, poi affettuoso e fedele. Peccato che nell’ultimo quarto d’ora l’affetto canino si mangi, condito da un po’ di melassa, la “chiusa” del film: che poteva essere grande, ma va bene anche così. Anche dal francese Giù al nord non ci si può aspettare più di quanto può dare: un sano divertimento dovuto a una storia semplice ma d’effetto, sui contrasti che sorgono quando un impiegato del sud finisce in una rozza provincia del nord della Francia. Chi capisce la lingua dei cugini d’oltralpe dovrebbe vedersi in lingua originale, per capire gli equivoci linguistici del dialetto della zona cosiddetta “Ch’timi” (sopra Lille) che nel doppiaggio si perdono del tutto. Ma la storia è pulita e graziosa, vale la visione. Dalla Francia è anche arrivato il vincitore, casalingo, di Cannes 2008: La classe di Laurent Cantet. Un affresco sconsolato e sincero dell’attività di un professore con una classe in cui convivono etnie diverse e in cui sono pronte a esplodere tensioni soffocate. Dove si vede con chiarezza come le buone intenzioni non bastino a educare.