E’ uscito ieri nei cinema italiani Lourdes, proprio nel giorno in cui la Chiesa ricorda la prima apparizione della Madonna a Bernadette (avvenuta l’11 febbraio 1858 nella grotta di Lourdes). Un film che, presentato alla Mostra di Venezia, non ottenne premi ufficiali ma curiosamente fu apprezzato da atei, laici, cattolici. Tanto da vincere il premio Brian, dell’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti, e il cattolico premio Signis 2009. Un caso più unico che raro.

Ma di cosa tratta questo film, di cui abbiamo visto in giro un trailer che potrebbe sembrare offensivo (con una barzelletta, raccontata da un personaggio del film, sulla Madonna che vuole recarsi in vacanza a Lourdes «perché non ci sono mai stata?»). La protagonista è la giovane Christine che, inchiodata a una sedia a rotelle dalla sclerosi multipla, si reca a Lourdes controvoglia: per lei è una vacanza, per evadere da una vita triste, ma preferirebbe di gran lunga – come continua a ripetere – mete culturali (Roma, ad esempio). Non prega volentieri, come gli altri, e anzi è rosa da sentimenti di malanimo rispetto alle persone sane.

Attorno a lei, un umanità varia e complessa: pellegrini devoti, persone incattivite dalla sofferenza, volontarie severe (ma con un segreto) e ragazze frivole che dividono il tempo fra il goffo aiuto ai malati e i flirt con i militari al seguito. Di questi, il capo spedizione dell’Ordine di Malta – aitante e gentile – viene conteso dagli sguardi femminili di molti, e fa in fretta breccia nel cuore di Christine (interpretata dalla bravissima Sylvie Testud). Ricambiata, forse, quando sorprendentemente la sua malattia incurabile – che non le consente di muovere neanche un dito – sembrerà scomparsa. Un miracolo o un’illusione?

 

Il film diretto dalla giovane regista austriaca Jessica Hausner (atea, e non molto accorta in certe sue dichiarazioni che possono legittimamente infastidire i credenti) mette in scena con sobrietà e rigore visivo alcune giornate nella cittadina francese sui Pirenei, tra visite alla grotta di Maria e agli altrui luoghi sacri, momenti di convivenza e attesa di un miracolo.

 

La diffidenza della protagonista Christine ai rituali di devozione sembra essere quella della regista, che è riuscita a ottenere l’autorizzazione a filmare i luoghi sacri rendendo tutto estremamente realistico: tutto osservato con freddo rispetto, con distacco venato da ironia che non diventa mai sarcasmo grottesco (anche se il sospetto di montatura e sfruttamento del dolore possono far capolino in qualche spettatore).

 

Ma è interessante osservare cosa succede quando il miracolo sembra davvero arrivare (e su questo il film non prende una posizione netta, né in un senso né nell’altro): tutti reagiscono in modi imprevedibili.

 

A cominciare ovviamente da Christine, stupita fino alla commozione per una vita che si schiude a prospettive mai immaginate, mentre altre persone si dividono in chi ammira la miracolata e chi la invidia, con legittima sofferenza (una madre di una ragazza la cui guarigione svanisce dopo un breve momento) o con gratuita cattiveria.

 

Mentre la cosa più giusta la dice il prete del gruppo, fino a quel momento così distaccato tanto da sembrare inadeguato: a chi gli chiede perché Dio ha premiato una ragazza che neanche pregava risponde che Dio è libero…

 

 

Come detto, pur partendo da una visione laica l’autrice osserva gli eventi con oggettività e rispetto, mostrando con correttezza rituali, speranze, angosce, e anche scetticismi di malati, religiosi, volontari.

 

Il film non si concentra tanto sui presunti miracoli (il cui vaglio è affidato dalla Chiesa – che, e nel film si vede, non è affatto a caccia di miracoli "facili" – a medici indipendenti), quanto sull’attesa di essi e sulla reazione a segni sorprendenti e a presunte, inspiegabili guarigioni. Un film che suscita discussioni, e che merita apprezzamento: nonostante lo scetticismo, rimane la constatazione che a Lourdes accadono fenomeni non spiegabili dalla scienza.

 

E se nel finale non è chiaro cosa è realmente successo a Christine, non è affatto un male: se si perde in un aspetto (banalmente) edificante, ci si guadagna in libertà. A ognuno il compito di paragonarsi col Mistero.