Wes Anderson è un regista con delle indiscutibili preferenze: attinge spesso da un ristretto gruppo di attori (Jason Schwartzmann, Bill Murray, i fratelli Luke e Owen Wilson); combina scrupolosamente la scelta dei colori e la composizione delle inquadrature; sceglie personalmente musiche dal gusto retrò, in stile anni ’60 o ’70; è un regista che usa sapientemente della nostalgia, tanto che le sue storie contemporanee sembrano trovare le loro spiegazioni in qualche piega del passato.
Così non c’è da stupirsi se, in tempi di animazione digitale, 3-D e realtà virtuale, Wes Anderson salti fuori con un film interamente girato in stop motion: ossia disponendo una serie di pupazzetti e poi fotografandoli ogni volta dopo averli fatti muovere di qualche millimetro per dar loro quella vitalità un po’ meccanica, ma affettivamente insostituibile.
Basato su un racconto per bambini di Roahl Dahl (lo stesso autore de “Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato”, “Il GGG” o “Matilda 6 mitica”), “Fantastic Mr. Fox” è una fiaba ricca di metafore, sulla vita, sull’avidità, sulla famiglia, capace di divertire ma anche, alla maniera delle fiabe di Esopo, di lasciar trasparire significati che possono essere ben compresi da grandi e da piccini. Mr. Fox è una volpe, che ha responsabilmente promesso alla moglie che non avrebbe più fatto il ladro di galline: ha comprato una bella tana su una collina ai piedi di un albero ed è diventato giornalista.
Ma in fondo è diviso tra le responsabilità dettate dalla famiglia (e dalla moglie, paradigma della concretezza e saggezza femminile) e un istinto selvatico, che spinge a che ritorni a rubar galline, in cerca di una libertà avventurosa e solitaria; Mr. Fox è un grande ladro di galline, ma eccelle in tutti i campi, tanto da avere un rapporto intenso e contraddittorio col figlio, che cresce con il complesso di inferiorità, certo di essere sempre un passo indietro nei confronti dell’imbattuto padre.
Una tematica cui Anderson è affezionato, tanto da essere al centro di tutti i suoi film, da “Rushmore” a “I Tenenbaum”, a “Le avventure acquatiche di Steve Zissou”, fino a “Il viaggio per Darjeeling”. La responsabilità (o la mancanza di essa) nei rapporti coi figli, il legame tra fratelli e consanguinei di fronte alle avversità della vita, la capacità di mettersi in discussione, sono argomenti coi quali anche la volpe protagonista di “Fantastic Mr. Fox” deve confrontarsi.
In modo ironico, finemente divertente, con quella magia tipica delle favole, capaci di rimanere tanto impresse nella mente e nel cuore di un bambino, da essere ricordate per tutta la vita. Come negli altri suoi film, Anderson sceglie di stare “sopra le righe”, raccontandoci di una volpe che mette a repentaglio tutto pur di averla vinta su tre stolidi ma feroci allevatori, ma al tempo stesso desidera la tranquillità per sè, i suoi cari e gli amici animali. La vita è una battaglia dall’esito sempre incerto, e Mr. Fox lo sa bene, sia mentre scava per sfuggire alle ruspe degli uomini, che quando sa di avere puntati su di sé gli occhi della moglie e del figlio. Ma una volpe non per questo smette di essere una volpe. Anzi.