Come ogni anno, alla fine della stagione proponiamo una carrellata di film da recuperare. Nei cinema al chiuso, dove in mancanza di novità si recuperano gli hit dei mesi scorsi, nelle arene all’aperto o anche in dvd a casa propria.
Scelte personali, ovviamente, in cui non trovano per esempio posto film sopravvalutati (a nostro parere) come i vincitori dei festival di Cannes e Venezia 2009 (Il nastro bianco, Lebanon) o l’ultimo film di un autore un tempo eccellente come Woody Allen (Basta che funzioni è di un cinismo insopportabile e non fa nemmeno ridere). Mentre del trionfatore agli ultimi Oscar, il toccante film di guerra The Hurt Locker, facciamo solo un cenno essendo uscito in Italia quasi due anni fa e avendone già parlato a suo tempo.
Gli imperdibili
Cominciamo con i 10 film per noi imperdibili. Quelli che non si possono proprio non vedere, e magari rivedere poi in dvd, che come associazione Sentieri del Cinema portiamo all’attenzione del pubblico con giudizi, incontri, cineforum. Quelli che, in genere, mettono d’accordo il pubblico e la (migliore) critica.
A cominciare da due film di animazione, entrambi della straordinaria Pixar: controllata dalla Disney ma sempre originalissima. Di Toy Story 3, da poco nelle sale, si è parlato di recente: basti solo dire che, dopo tanti temi toccati, la Pixar sfiora addirittura la possibilità della morte dei protagonisti, in una scena da brividi in cui tutti i giocattoli/amici si prendono per mano in attesa di un destino che pare inevitabile. Mentre il finale, con il ragazzo ormai cresciuto che regala i suoi giocattoli, fa davvero piangere adulti, ragazzi, bambini…
Sempre la morte (della persona amata) faceva capolino in Up, capolavoro assoluto che mixa la classica avventura da film animato (molto movimentata) con inediti tocchi esistenziali, nel racconto di un anziano triste e stanco cui un incontro inaspettato ridarà voglia di vivere.
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Questi due film di animazione sono usciti anche in 3D. Ma potevano farne a meno, erano già straordinari nel formato tradizionale: il tridimensionale non ha aggiunto molto, come non lo ha fatto per ora, salvo l’eccezione Dragon Trainer, per tutto il genere “animazione”.
Il film che invece è stato pensato per il 3D e lo ha rivoluzionato è stato Avatar: l’ultima scommessa di James Cameron ha trovato anche alcuni, e non pochi, detrattori tra spettatori e critici professionisti (come tutti i grandi fenomeni di massa, che inevitabilmente dividono), ma ha senza dubbio caratterizzato la stagione. Non solo per lo straordinario successo in tutto il mondo (anche in Italia – come altrove – ha stracciato tutti i record compresi quelli di Titanic, sempre di Cameron), ma anche appunto per la resa spettacolare del nuovo sistema di proiezione.
Si può pensare quel che si vuole del film, che sia superficiale o filosoficamente profondo (noi stiamo nel mezzo: Cameron è abile a lavorare con clichè, citazioni e luoghi comuni per arrivare a situazioni emozionanti e meno banali di quanto sembri a prima vista; ma non è la storia il suo punto forte), ma stavolta la tecnica non è fine a se stessa: anzi, con gli occhialini 3D la sensazione sensoriale è così forte da far entrare quasi nell’esperienza del protagonista che diventa Avatar. Qualcosa che, senza averlo provato, non si poteva spiegare. Stravolgimento del cinema, che condizionerà il futuro quanto meno di film d’azione e di fantascienza, o vetta estrema irripetibile e irraggiungibile? Lo diranno i prossimi anni.
Non servivano effetti speciali, invece, a una storia straordinaria come quella raccontata dal rumeno Radu Mihaileanu con Il concerto. Ovvero, le vicissitudini di un direttore d’orchestra russo umiliato sotto il regime sovietico di Breznev che, trent’anni dopo, ha una seconda possibilità: andare a Parigi con l’orchestra del Bolscioi. Solo che il tutto avviene di nascosto dal vero teatro russo… Una serie di colpi di scena, rivelazioni e un concerto splendido nel finale sciolgono i cuori.
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Completiamo questa prima carrellata di film “imperdibili” con Bastardi senza gloria. Come per Avatar, anche l’ultimo di Quentin Tarantino – pur molto apprezzato – ha provocato anche aspre critiche di chi ha respinto l’impossibile stravolgimento della storia operato dal regista di Pulp Fiction. Che racconta l’occupazione francese da parte dei nazisti con mille citazioni di cinema, virtuosismi, ritmo scatenato e invenzioni storiche (l’attentato finale) che, a nostro parere, solo un geniaccio irregolare come lui si poteva permettere; senza contare che il soave e terribile tenente nazista che dà la caccia agli ebrei è un cattivo che entra di peso nell’antologia del cinema (grazie anche alla gigantesca interpretazione dell’ex sconosciuto Christoph Waltz).
Ma Quentin è meno superficiale di quanto vorrebbe far sembrare: se è vero che a lui sembra interessare solo il cinema in maniera autoreferenziale (fin nella metafora delle pellicole bruciate come combustibile esplosivo, e quindi strumento di liberazione), e meno come strumento per analizzare e raccontare dinamiche umane e sentimenti, in realtà il personaggio indimenticabile della ragazza ebrea che vuol vendicare la famiglia sterminata è tra i più toccanti degli ultimi anni. Come sospettiamo dai tempi de Le iene e Pulp Fiction, Tarantino ha un cuore: solo, si diverte a dissimularlo.
(1 – continua)