Dato per morto ormai molte volte, il genere western è evidentemente così radicato nell’immaginario di chi fa e frequenta il cinema, da continuare a offrire spunti e occasioni. Se non per rivitalizzarlo come filone (anche per la scarsità di attori in grado di affrontare caratterizzazioni così marcate), il West rimane un luogo mitico, che ben si adatta come scenario alle vicende anche più paradossali.

Così, se da una parte assistiamo alla più classica delle operazioni – il remake – come nel caso de Il Grinta dei fratelli Coen, alle prese con un “mostro sacro” come John Wayne, all’estremo opposto si colloca Rango, che essendo un’animazione digitale, permette di realizzare una vicenda dove la fantasia, la metafora e i richiami alla realtà si mescolano in una storia a metà tra la favola di Esopo e l’allucinazione.

Rango è, inoltre, un film sorprendentemente pieno di trovate: intelligenti, vivaci, a volte anche violente (e per questo sconsigliato ai bambini troppo piccoli); ricco di riferimenti al western classico e a quello “spaghetti” e con una colonna sonora che fa molto spiritosamente il verso all’inconfondibile stile di Ennio Morricone (ma si capisce che è un tributo di affetto). Il lento incedere iniziale del film lascia presto spazio a un umorismo dal ritmo veloce, con momenti di pura e divertentissima bizzarria.

Rango (Johnny Depp) è un camaleonte che viene catapultato nel deserto dopo che il terrario dove viveva è caduto dall’auto sulla quale viaggiava. Dopo un misterioso incontro con un armadillo e aver vagato per un giorno sotto il sole, si imbatte in una città (Dirt, “Polvere” nella versione italiana) in preda alla disperazione. Con un po’ di fortuna e molta faccia tosta, Rango diventa sceriffo della città, ma si scontra con un sacco di guai quando scopre che la città è assetata, l’acqua non arriva e le tensioni iniziano ad aumentare.

 

Grazie a un gran numero di personaggi (ognuno dalle sue caratteristiche e perfettamente realizzato), gli omaggi visivi e narrativi al western (ma un po’ a tutto il cinema, si arriva fino a Terry Gilliam e a Guerre Stellari) si sprecano. Nella versione originale il film è sostenuto da un cast di voci di tutto rispetto (da Johnny Depp a Isla Fisher, fino al complesso delle civette/mariachi affidate alla mitica band tex/mex dei Los Lobos).

 

La musica di Hans Zimmer è uno strepitoso mix di chitarre, archi e orchestra, che riesce a rendere il western classico e moderno al tempo stesso (e in stile molto tarantiniano). Sarebbe sbagliato, però, non riconoscere gran parte del merito al talento visionario di Gore Verbinski, che non per niente ha diretto un campione di incassi come Pirati dei Caraibi, un horror puro come The Ring, ma anche Un topolino sotto sfratto, che possiamo definire forse come una delle migliori commedie “noir” per famiglie.

Verbinski esibisce il suo talento in Rango con la capacità di intrecciare sequenze oniriche con improvvise scene d’azione e mescolando il tutto con siparietti esilaranti. Quel che ne esce è un film a cavallo tra il mondo dei bambini e quello degli adulti, anche perché il regista preferisce abbandonare le classiche vie del cinema per l’infanzia (non sono comuni film per bambini che hanno come protagonisti rettili, topi, talpe e serpenti).

 

E, nonostante la moda, niente 3-D, a favore di una definizione altissima e una ricerca cromatica esasperata (vi sentirete talmente immersi nel clima desertico che proverete anche voi la sete degli abitanti di Dirt). In definitiva, Rango è il film più innovativo della stagione e, finora, l’unica animazione hollywoodiana in grado di tenere testa ai titoli Pixar.