Al Festival di Cannes ogni anno cambiano i direttori e i componenti delle giurie, ma ci sono anche alcune tenaci abitudini: il tempo miracolosamente clemente anche se in Liguria diluvia, la parata di star americane che salgono la scalinata del Palais con esasperante lentezza per farsi riprendere il più a lungo possibile, un film di Woody Allen, un affetto per Nanni Moretti che miracolosamente si riverbera su tutti gli italiani e, non da ultimo, un premio ai fratelli Dardenne, quando presentano una delle loro scabre pellicole, che si contraddistinguono per il cielo plumbeo degli esterni belgi, un paio di attori pressoché immutabili (Jeremie Réniér e l’italo-belga Francesco Rongione) e l’assenza di qualsivoglia colonna sonora. Il copione si è ripetuto quest’anno anche per Il ragazzo con la bicicletta (Gran Premio della Giuria, quello che l’anno scorso era andato a Uomini di Dio).
La storia è quella di Cyril, un ragazzino che ha ben chiaro cosa vuole dalla vita: ritrovare suo padre e riavere la bicicletta che questi gli aveva regalato e che ora è sparita. Cyril vive in un istituto, non si sa neanche se abbia una madre; e il padre, lo scopriremo presto, non ha alcun interesse nei confronti di suo figlio, né della bicicletta cui tanto tiene.
L’unica persona che dimostra un’inaspettata generosità è Samantha, giovane parrucchiera cui Cyril si è letteralmente aggrappato cercando di fuggire dall’istituto e che ora trascorre con lui i fine settimana. Non senza difficoltà anche personali, visto il carattere selvaggio del ragazzino e il fascino che esercitano su di lui le cattive compagnie.
I fratelli Dardenne (L’enfant, La promesse, Il matrimonio di Lorna) ci hanno abituato a vicende scarne, dai personaggi numericamente ridotti al minimo. Storie di ordinaria durezza, alle quali è solitamente (ma non questa volta) negato anche il conforto di un po’ di musica. Ma, che al tempo stesso e nella loro essenzialità, ci strappano dalla distrazione e ci impongono, quasi a forza, questioni ineludibili sull’esistenza e il destino che accomuna gli uomini.
Il ragazzo con la bicicletta per certi versi ricorda Pinocchio, una delle fiabe più belle e ricche di metafore sulla condizione umana: la ricerca di un padre (anche se Geppetto è incomparabilmente meglio del padre di Cyril), il conforto di una figura femminile che al tempo stesso è giudizio sulla vita, la distrazione, il male di chi approfitta dell’infanzia, ma anche l’ipocrisia dell’adulto, che pretende ma evita le responsabilità.
Quel che accade a Cyril, sempre in sella alla sua amata bici, non avviene però nel paese dei balocchi, ma (come sempre nei film dei Dardenne) nella loro nazione, il Belgio di oggi, che potrebbe essere un qualsiasi paese dell’Occidente contemporaneo. Il contrasto tra Cyril e Samantha, la loro fatica di doversi misurare con se stessi e con gli altri, sono una delle prove più significative di un amore difficile e sincero, dal quale non si può più scappare in sella a una bicicletta.