Come gli anni scorsi, al termine della stagione cinematografica è utile tirare le somme, segnalando in una carrellata a puntate – divisa in film imperdibili, consigliati e interessanti – il meglio di quanto si è visto. In modo da poter recuperare qualcosa nelle tante arene estive che ripropongono i titoli dei mesi scorsi o in dvd e blu ray, dal momento che ormai le uscite in questi supporti avvengono sempre più a ridosso del passaggio nei cinema. Con due premesse.
La prima è che abbiamo volutamente omesso dalla carrellata i due ultimi Harry Potter divisi in due capitoli (di cui l’ultimo appena uscito): sulla saga ognuno ha la sua idea, c’è chi non si è perso una puntata e chi ha gettato la spugna strada facendo. C’è poco da aggiungere. La seconda premessa è che tra i dieci imperdibili con cui iniziamo la cavalcata 2010-2011 doveva trovare spazio uno dei film più belli ed emozionanti dell’anno, che però è un “ufo” rispetto al resto della produzione, e quindi difficilmente paragonabile agli altri titoli.
Stiamo parlando del documentario Senna sul celebre pilota, diretto da Asif Kapadia, peraltro uscito alla chetichella in pochi cinema e poi circolato furtivamente in cineforum (grazie soprattutto a noi di Sentieri del Cinema, che l’abbiamo “adottato”) e serate ad hoc. Un consiglio: se non l’avete visto, recuperatelo. È un’esperienza unica, un’opportunità di conoscere un personaggio di umanità straordinaria, che non manca solo alla Formula 1. Ne vale davvero la pena
Gli imperdibili parte 1
Se dobbiamo analizzare i film “veri” che hanno segnato l’annata, non possiamo che partire dal trionfatore degli Oscar: Il discorso del re di Tom Hooper (già regista dell’inedito, e molto bello, Il maledetto United: si trova in dvd) è un film all’apparenza classico e quindi prevedibile, sulla monarchia inglese tra le due guerre mondiali. In realtà, la storia è appassionante: si narra di quello che diventò re Giorgio VI che, fin da giovane, dovette combattere la sua balbuzie, e del suo rapporto con uno strano logopedista, dei suoi problemi col padre e col fratello che abdicò per una donna, della sua riluttanza a salire al trono e delle responsabilità verso la Nazione, sostenuto dall’amore della moglie e delle figlie. Soprattutto, è la storia di un’amicizia che spinge a superare i propri limiti, con un finale trascinante e commovente (più bello ancora, per capirci, di quello de Il concerto). Film epico, che finisce dritto nella storia.
E un posto nella storia del cinema ce l’avrà senza dubbio The Tree of Life di Terence Malick, capolavoro assoluto vincitore all’ultimo Festival di Cannes. Un film che va oltre il cinema: mescolando narrazione, monologhi, recitazione al massimo grado con immagini (della natura, ma anche astratte) straordinarie, musica classica, arte figurativa, il geniale Malick – l’unico che possa reggere il confronto con Kubrick: e questo film fa pensare, per ambizione, a 2001 Odissea nello spazio – parte da una famiglia dai rapporti affettuosi e tesi e dalla tragedia che la scuote per arrivare a un dialogo tra l’uomo e Dio. Una domanda continua, potente e sincera, di significato e di rapporto, che si apre a un finale sorprendente e che non si lascia dimenticare. Imperdibile davvero.
Tornando agli Oscar, vinse alcuni premi tecnici – ma meritava qualcosa nelle categorie principali – il visionario Inception di Christopher Nolan, forse il regista “giovane” (40 anni, ma ha già un bel curriculum da Memento a The prestige ai due ultimi Batman) dal talento più puro. Con un Leonardo Di Caprio – bravissimo come sempre – attorniato da un cast d’eccezione, Nolan racconta una storia complicatissima (su una banda di spie tecnologiche che penetra nei sogni altrui per estrarne segreti), per appassionati di enigmi, ma che tocca il cuore. C’è di mezzo un amore perduto e un acuto senso di colpa, il desiderio di tornare a casa, la ricerca di una pacificazione. Con un finale che ha fatto scervellare tutti (sogno o realtà?), comunque conquistati da un film dove gli effetti speciali, straordinari, sono funzionali alla storia e non fine a se stessi.
L’Oscar lo ha vinto anche Susanne Bier, regista danese molto apprezzata, per il miglior film straniero con In un mondo migliore: storia di due ragazzini alle prese col bullismo e tentati dalla violenza, mentre i padri scoprono attoniti una realtà imprevista. C’è del marcio in Danimarca, e non solo lì: ma prevale l’abbraccio, il perdono, la possibilità di ricominciare.
Infine, spazio al sorriso e alla risata intelligente con il finto trash di Checco Zalone: il suo secondo film Che bella giornata, dopo l’exploit di Cado dalle nubi, ha battuto tutti i record di incasso del cinema italiano. Diretto ancora dall’amico e cosceneggiatore Gennaro Nunziante – un regista e un autore che esplode tardi, a cinquant’anni, ma promette bene per il futuro della commedia in Italia – Luca Medici in arte Checco Zalone affronta addirittura il tema del terrorismo islamico, in una storia d’amore e riscoperta della propria tradizione interessante, e molto divertente. La love story con la giovane maghrebina sembra scontata: ma qui non siamo in un film di Pieraccioni (e si vola alto rispetto a tutto il recente cinema comico in genere), e il finale è bello e spiazzante. Come sorprende lo sguardo affettuoso verso la Chiesa (con tanto di ultima scena in Piazza San Pietro). E se un vescovo non ci fa una gran figura, un giovane prete che ama solo l’arte finisce per capire quanto sia importante il contatto col proprio “gregge”.
(1 – continua)