Prosegue la nostra carrellata dei film della stagione, da recuperare tra le repliche estive nei cinema o già in dvd. Dopo gli imperdibili, è il turno dei consigliati, anch’essi presentati in due puntate.
Consigliati parte 1
Tra i film importanti di quest’anno, un posto lo merita sicuramente The Fighter, film bello e un po’ sottovalutato dalla critica. Come avviene sempre per i film ben fatti, un po’ all’antica. È la storia di due fratelli irlandesi, entrambi pugili, attorniati da sette sorelle arpie e una madre che comanda su tutta la famiglia (a partire dal docile marito). Il maggiore, Dicky, ha perso le sue occasioni per i suoi eccessi con la droga e ora allena il fratello, più giovane e con buone possibilità di diventare un campione. Ma la famiglia può essere un intralcio. E quando una ragazza entra nella sua vita, il meccanismo può andare definitivamente in pezzi. Sentimenti forti, attori giganteschi (Christian Bale e Melissa Leo Oscar, ma sono da citare anche Amy Adams e ovviamente il protagonista Mark Wahlberg), scene di boxe – lo sport più cinematografico in assoluto – coinvolgenti.
Altro film solido è The town, secondo film da regista di Ben Affleck (dopo l’intenso Gone Baby Gone) qui anche protagonista nei panni di un rapinatore di banche che vorrebbe smettere col mestiere. Soprattutto dopo essersi innamorato di una ragazza che aveva preso in ostaggio durante un colpo (ma era mascherato e lei non lo ha riconosciuto). Il suo compagno di rapine non è però d’accordo con l’idea di smettere… La storia di un difficile tentativo di redenzione, in una Boston violenta e cinica. Non così tanto, però, da impedire una speranza di cambiamento in un uomo che scopre la sua inconfessata fragilità.
La speranza è al centro di tanti film americani recenti: uno di questi è Source Code, film di fantascienza contemporanea, ambientata in una città americana ai giorni nostri. Anche qui ci troviamo di fronte a un’opera seconda del giovane regista Duncan Jones (il suo esordio, molto interessante, fu Moon) che poi sarebbe il figlio della rockstar David Bowie. Con un budget più corposo e la star Jake Gyllenhaal, Jones racconta la storia di un capitano dell’esercito americano costretto a rivivere – tramite un dispositivo tecnologico futuristico – la scena di un attentato su un treno per individuare il terrorista colpevole ed evitare nuovi attacchi. Ogni volta deve acquisire nuovi indizi. E rivedere morire i passeggeri del treno (mentre lui ovviamente rimane vivo). Compresa una ragazza di cui si innamora… Come uscire da quel meccanismo infernale? Colpi di scena, tensione ma anche spessore filosofico (il valore del tempo e delle scelte) in un film che sarebbe piaciuto ad Alfred Hitchcock. Pochi l’hanno visto, ma è da recuperare.
Tensione, colpi di scena e sentimenti forti ci sono anche in Hereafter di Clint Eastwood, che invece è stato un grande successo come tutti gli ultimi film del grande regista. Stavolta non ha convinto tutti, soprattutto per la visualizzazione un po’ new age dell’Al di là. Ma le tre storie di persone, diverse e lontane, entrate a contatto con la morte, tocca il cuore nonostante un po’ di maniera rispetto all’asciuttezza di capolavori come Mystic River, Million Dollar Baby o Gran Torino.
Stranamente poco visto, in Italia, è stato invece The social network: e sì che nel nostro Paese Facebook – il film racconta la controversa storia della sua invenzione – fa molti proseliti. In realtà non è tanto la biografia del giovane, geniale e spregiudicato nerd Mark Zuckerberg che ha fondato il noto social network, quanto una moderna tragedia basata su ambizione, tradimenti di amicizie, desideri frustrati. Un film ben scritto e ben diretto da David Fincher (è forse il suo film migliore), con un protagonista, Jesse Eisenberg, perfetto.
Due trentenni sono invece i protagonisti di American Life, film “minore” di Sam Mendes che, dopo American Beauty e Revolutionary Road, racconta di nuovo la coppia, ma stavolta da una chiave di commedia. Si sorride parecchio a vedere le disavventure di Burt e Verona: lui vorrebbe sposarsi, lei non vuole; e mentre aspettano il figlio che deve nascere vengono abbandonati dai genitori di lui che se ne vanno a vivere in Europa. Dove far nascere il pupo? Inizia un tour attraverso l’America tra amici, parenti e conoscenti (il loro lavoro lo permette). Ma ogni soluzione è un disastro, nessuno sembra poterli aiutare in uno snodo tanto desiderato quanto temuto. Quando lo spettatore paventa una piega amara, arriva un finale bello e sorprendente.
L’annata ha avuto anche film italiani da vedere. Tratto da una serie tv di culto, Boris – Il film è l’esilarante descrizione del tentativo tragicomico della banda del regista René Ferretti e troupe scalcinata di passare dalle fiction televisive al grande schermo. Ne succedono, ovviamente, di tutti i colori. Il film ha il limite di essere un po’ criptico nel descrivere i meccanismi del mondo del cinema e nel gioco di citazioni (di nomi veri) e di allusioni (alcune facili da individuare, altre meno) a protagonisti e situazioni del nostro cinema. Ma se si ha un minimo di passione per questo mondo, o se anche si ha voglia di scoprire un modo di ridere più scorretto e graffiante del solito, val la pena rischiare. Il risultato è eccellente: tra sceneggiatori democratici e sfruttatori, attori vanesi, attrici sfiatate, produttori ignoranti e funzionari tv senza qualità, si colpiscono molti bersagli.
Graffiante e divertente, ma in modo diverso, è anche La bellezza del somaro di Sergio Castellitto che ne è anche il protagonista nei panni di Marcello, architetto romano che compie 50 anni. Una data fatidica, vissuta con malcelata angoscia, e festeggiata con amici altrettanto frustrati (l’età che avanza, i rapporti pessimi con i figli) in un weekend in campagna che sarà indimenticabile. A partire dall’arrivo di un candido settantenne, fidanzato della figlia 17enne. Per Marcello e la moglie Marina, uno choc: la goccia che fa traboccare il vaso a isterismi vari. Un grande film poco capito, con un Enzo Jannacci sorprendente nei panni dell’anziano Armando che scardina in modo salutare equilibri malati. Forse da quelle macerie si può ricostruire.
Duro come il romanzo da cui è tratto, con una scelta stilistica che punta decisamente a venature horror, è La solitudine dei numeri primi. Rispetto al testo di Paolo Giordano, il talentuoso regista Saverio Costanzo sceglie (per fortuna) di lasciare un minimo di respiro ai due giovani protagonisti disadattati di cui vediamo l’infanzia difficile, le mille tragedie, le tensioni del crescere e di un amore che sembra impossibile da giungere a compimento. Film spiazzante e disturbante, non per tutti. Ma chi affronta la visione scopre un autore tra i migliori del panorama italiano, che dopo due film interessanti ma fin troppo “di nicchia” come Private e In memoria di me, trova la storia e lo stile per realizzare un film davvero maturo e potente, agevolato da attori di bravura impressionante: la staordinaria Alba Rohrwacher su tutti (ma c’è anche una grande Isabella Rossellini).
Se si parla di grandi attori italiani, viene spesso in mente Toni Servillo. Quest’anno lo si è visto in Una vita tranquilla dove è un italiano proprietario di un ristorante in Germania. Il napoletano Rosario si è ben integrato nell’ambiente tedesco, si è sposato una donna del luogo che lavora con lui, hanno un figlio. Poi un giorno arrivano due giovani meridionali: cercano lui, uno dei due mostra di conoscerlo. Chi sono? È il passato che torna a riprenderlo. Non si possono svelare i segreti che pian piano il giovane regista Claudio Cupellini svela, con sapienti e ben dosati colpi di scena. Un bel noir d’autore, intenso e doloroso, che – grazie anche a un ritmo avvincente – sembra una scheggia “action” di Gomorra.
(3 – continua)