Con l’assegnazione dei Golden Globes, domenica sera a Los Angeles, è entrata nel vivo la corsa ai principali premi del cinema. Nel mirino di tutti, ovviamente, l’Oscar. In genere il riconoscimento dei Globi dorati, il premio della stampa straniera a Los Angeles, è considerato infatti di minor importanza (ma è sempre una bella consacrazione) ma utile a capire cosa succederà poco più di un mese dopo con le celeberrime statuette dell’industria hollywoodiana. In realtà non mancano mai le sorprese: proprio perché la stampa non è l’industria, e la stampa straniera non è la critica Usa. Che già litiga con se stessa, dal momento che di premi della critica ne esistono decine, una per ogni città di una certa dimensione: New York, Boston, Chicago, ovviamente L.A. e così via… E c’è anche l’associazione nazionale. Inoltre, ai Golden Globes si premiano in due differenti categorie i film drammatici e le commedie, e agli Oscar in genere le commedie non prendono nemmeno la nomination.
Detto questo, è difficile non considerare tra i favoritissimi ai prossimi Oscar The Artist, film muto e in bianco e nero che è ormai il caso dell’anno; in quanto vincitore proprio nella categoria meno considerata agli Oscar, ovvero commedia/musical (ed è anche un po’ “musical” il film, per quanto muto…), potrebbe rappresentare nella celebre Notte dei premi più ambiti un’osannata eccezione. The Artist, che domenica ha vinto anche per il miglior attore di commedia, al protagonista Jean Dujardin, e per la migliore colonna sonora originale, è un tale atto d’amore al cinema che è difficile non conquisti i seimila votanti dell’Academy Awards. Il francese Michel Hazanavicius non ha solo omaggiato il cinema dei pionieri ma Hollywood in quanto tale citando tanti capolavori del passato (soprattutto Cantando sotto la pioggia, con lo stesso racconto del delicato passaggio al sonoro), il cinema degli studios e lo star system. Ed è un bel mix tra cinema d’arte, fin dalla provocatoria scelta del muto e del bianco e nero, e spettacolo: pochi film d’essai quest’anno sono riusciti a essere divertenti e a tratti scatenati come questo… L’unico vero rivale, a nostro parere, dovrebbe essere The Tree of Life, capolavoro assoluto di Terence Malick. Ma temiamo che non sia aria per questo film troppo complesso, che pure riceverà alcune nomination. Crescono invece le quotazioni di The Descendants, che in Italia uscirà a febbraio con il pessimo titolo di Paradiso amaro: vincitore del Golden Globe come miglior film drammatico e per l’interpretazione di un ottimo George Clooney, il film di Alexander Payne (passato in concorso al festival di Torino) è in realtà anch’esso al confine tra dramma e commedia (si ride, anche se il contesto non è facile, e ci si commuove ma in maniera sobria): in una vita che cade a pezzi, dopo un incidente che ha mandato in coma la moglie, il protagonista deve imparare a conoscere le figlie, affrontare parenti che vogliono vendere un paradiso hawaiano, frutto di secolare eredità, al miglior offerente e guardare in faccia ai segreti di una vita coniugale che non avrebbe mai voluto scoprire.
Altri premi importanti, ai Golden Globes, sono stati quello a Martin Scorsese per la miglior regia di Hugo Cabret, suo debutto nel 3D (di cui si dice un gran bene, siamo curiosi di verificarlo a breve) che sarà nei cinema italiani dal 3 febbraio, a Woody Allen per la migliore sceneggiatura (il divertente Midnight in Paris), a Meryl Streep per la sua interpretazione (categoria drammatica) di Margareth Thatcher in The Iron Lady e a Michelle Williams per quella di Marilyn Monroe in My Week With Marilyn (commedia o musical), a Steven Spielberg per il suo esordio nell’animazione con Le avventure di Tin Tin – Il segreto dell’Unicorno.
Nel complesso, e pur sospendendo il giudizio sui film non ancora passati su uno schermo italiano, i verdetti della stampa straniera sono sembrati azzeccati (e non era facile, in un’annata ricca di ottimi film). Come lo è stato quello, negli States marginale ma in Europa molto considerato, per il miglior film straniero – o meglio, in lingua straniera: anche The Artist è francese, ma essendo muto non aveva problemi di lingua… – all’iraniano Una separazione di Asghar Farhadi. Anche lui favorito per la relativa statuetta agli Oscar: difficile che Terraferma dell’italiano Emanuele Crialese, nemmeno candidato ai Globi, rientri in gioco.