Alla fine, la Notte degli Oscar 2012 va in archivio senza sorprese. Sono stati rispettati tutti i pronostici della vigilia e degli scommettitori professionisti: The Artist – da noi indicato come probabile trionfatore in sede di commento ai Golden Globes – ha vinto 5 Oscar tra cui quelli principali: miglior film, miglior regia (Michel Hazanavicius), miglior attore (Jean Dujardin, che ha sconfitto le star George Clooney e Brad Pitt), cui si aggiungono la miglior colonna sonora e i miglior costumi. Mentre Hugo Cabret di Martin Scorsese ha pareggiato i conti solo numericamente, con 5 premi “tecnici” che pure mettono in risalto le grandissime qualità del suo film: dalle splendide scenografie dei “nostri” Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo (terzo Oscar per loro, dopo quelli per Aviator e Sweeney Todd), che hanno ricostruito la stazione di Parigi e i suoi interni, alla fotografia, dal montaggio e missaggio sonoro agli effetti speciali.

Tra gli altri premi, la miglior attrice è risultata Meryl Streep in versione Margaret Thatcher in The Iron Lady (film premiato anche per il miglior trucco), i premi per la sceneggiatura sono andati a Midnight in Paris di Woody Allen (originale) e a Paradiso amaro di Alexander Payne (adattamento), per l’animazione a Rango di Gore Verbinski, per il miglior film straniero all’iraniano Una separazione di Asghar Farhadi (un vero capolavoro). Gli attori non professionisti sono risultati Octavia Spencer per The Help e Christopher Plummer per l’inedito, in Italia, Beginners. Infine, miglior montaggio al remake Millennium – Uomini che odiano le donne. Peccato per la sconfitta nella sezione corti di animazione di Enrico Casarosa, che con il suo corto prodotto dalla Pixar La luna (ambientato a Genova) portava un tocco d’Italia in gara insieme a Ferretti e Lo Schiavo. Il breve film precederà il prossimo film Pixar Ribelle – The Brave, in Italia dal 5 settembre: lo potremo apprezzare come merita.

Tutto sommato, al di là delle previsioni, sono Oscar ben assegnati. Che hanno il torto di aver lasciato in disparte il film cinematograficamente più potente, ambizioso e in definitiva artisticamente migliore del 2011, ovvero The Tree of Life di Terrence Malick, che però – premiato correttamente a Cannes con la Palma d’oro dove aveva sconfitto The Artist, vincitore solo per il miglior attore – era già un successo ritrovare tra i magnifici 9 finalisti considerando la freddezza da cui era circondato in questi mesi di corsa all’Oscar. Alla fine, sono stati messi in rilievo quasi tutti i film migliori della ricca stagione, forse giusto Drive e Le idi di marzo meritavano di più. Ma i vari Paradiso amaro, L’arte di vincere, The Help, Midnight in Paris e anche War Horse (pur a mani vuote stanotte) tra numerose nomination e statuette sono stati ben individuati come i film principali dell’anno dopo i “leader” The Artist e Hugo Cabret.

Due film, questi ultimi, accomunati dall’amore per la grande storia del cinema del passato, che riescono a far rivivere senza passatismi polverosi. Ecco, forse dopo aver visto Hugo Cabret del grande Martin Scorsese un po’ di amaro in bocca per le scelte principali dell’Academy rimane. The Artist è un trionfatore degno, che si fa apprezzare per il coraggio della scommessa impensabile fino a pochi mesi fa di girare oggi un film muto e in bianco e nero; è quindi un bel film divertente ed emozionante, ma soprattutto un’intelligente operazione, che ci fa piacere veder premiare. Ma Hugo Cabret è di più: un film magnifico che parte dalla rievocazione del cinema dei pionieri e in particolare di Georges Meliès per diventare una storia di sconfitti che si rialzano, di figli orfani in cerca di padri e di ragazzi in rapporto con adulti. Soprattutto, di persone che cercano il proprio posto, il proprio senso, altrimenti si sentono “rotte”, senza utilità per sé e per gli altri in un mondo oscuro. Come un misterioso robot, che invece prende vita una volta trovata la chiave per entrare nei suoi meccanismi. Oltre tutto rivolgendosi alla famiglia, presentata come valore, e riuscendo a parlare a bambini (diciamo dai 7-8 anni in su) e ragazzi di temi come la morte, la perdita, il dolore, la guerra in modo comprensibile e intelligente.

Scorsese, insomma, usa il cinema nei suoi valori storici e tecnici più significativi – a cominciare da un 3D stupefacente, mai usato così bene nemmeno da James Cameron in Avatar – per raccontare una storia di bambini e di adulti che tocca nel profondo, realizzando un miracolo cinematografico tanto più apprezzabile considerando la sua carriera lunga e ricca di onori. Se The Artist è il film sorpresa che rende celebri nomi finora sconosciuti ai più (come il regista Michel Hazanavicius e il protagonista Jean Dujardin, entrambi francesi come lo è produttivamente il film, che pure rievoca la Hollywood del passaggio dal muto al sonoro),Hugo Cabret è l’azzardo del Maestro che poteva continuare su linee già segnate dal successo – i gangster movie o i film di duro realismo sociale degli anni ‘70 e ‘80 che resero celebre Scorsese – e a 70 anni invece continua a osare. E a “giocare” con i trucchi del cinema come Meliès per sorprendere il pubblico, ma anche per convincerci con una storia del passato che finché ci sono questi registi la Settima Arte ha un grande futuro.