Continua la nostra carrellata tra i migliori film della stagione appena conclusa. Da recuperare nelle rassegne e arene, in dvd, nei cineforum in autunno. In questa puntata altri cinque film imperdibili. Il primo è l’argentino Cosa piove dal cielo di Sebastián Borensztein, che racconta la vita sempre uguale di Roberto, un uomo solitario e scontroso, che sin divide tra negozio di ferramenta e abitazione, con rituali (la raccolta di articoli assurdi dai giornali, a dimostrare che la vita non ha senso), orari immutabili e un sordo rancore verso l’esistenza e verso il prossimo. Finché non si imbatte in un cinese, che si torva in Argentina alla ricerca di un parente e che non sa una parola di spagnolo. Controvoglia inizia ad aiutarlo e ospitarlo, sperando di liberarsene in fretta. Eppure questo rapporto può essere una speranza di imprevisto, come intuisce la donna innamorata da sempre di Roberto e che lui tiene a distanza. Un piccolo grande film, che racconta di un incontro impossibile tra due persone assolutamente distanti tra loro, ma unite da qualcosa di segreto e profondo.

Con Le nevi del Kilimangiaro il francese (di origine armena) Robert Guédiguian torna sui luoghi dei suoi film più noti (Marjus e Jeannette, La ville est tranquille, Marie-Jo e i suoi due amori) in cui canta la povera gente di Marsiglia, alternando dramma e commedia alla maniera del britannico Ken Loach “il rosso”, ma con ancora più rabbia. Stavolta però c’è qualcosa di nuovo. Si parla ancora di operai in difficoltà, anche se la perdita del lavoro del protagonista lo coglie in una situazione più rassicurante di tanti colleghi. Ma la perdita di certezze, per lui e la moglie, arriva dallo scontro con giovani licenziati molto più disperati, perché senza alcun supporto economico e familiare. Così vediamo uno scontro all’interno della classe (tra gli operai “sistemati” e quelli disperati), che però lascia poi spazio al vero cuore del film: la risposta non politica ma umana alla crisi, al dramma, allo spiazzamento di fronte a una situazione imprevista (due bambini abbandonati dalla madre e con il fratello maggiore finito in prigione). Il taglio del film di Guédiguian è meno schematico e ideologico di altre volte in una vicenda in cui, tra mille umanissime contraddizioni e passi falsi, si scopre che dalla crisi può nascere qualcosa di buono, per chi si gioca completamente senza temere rivoluzioni nella propria vita.

Infine, tre film che si potranno recuperare, al pari di Hugo Cabret di cui abbiamo parlato nella prima puntata, al Meeting di Rimini dove saranno presentati nella nuova sala cinema D7 Acec.

Il primo è Una separazione, diretto con stile austero ma intensissimo dall’iraniano Ashgar Farhadi, ha vinto l’Oscar come miglior film straniero: una coppia decide di separarsi – il motivo è che la donna vuole abbandonare l’Iran, Paese soffocante, per il bene della figlia undicenne – e questo fatto mette in moto una serie di eventi, che metteranno a contatto questa e un’altra coppia, in un’escalation di liti e menzogne che denotano una violenza nei rapporti allarmante. Adulti pronti a tutto. Incapaci di perdono, comprensione per l’altro e desiderio per la verità, cercano solo una vittoria in tribunale o una transazione favorevole. Mentre la ragazzina, costretta a prendere una decisione, osserva e giudica.

Sempre a Rimini si potrà vedere The Way Back, film uscito di recente in poche città: diretto dal grande regista australiano Peter Weir (The Truman Show, Master & Commander, L’attimo fuggente, Gli anni spezzati), è un racconto – di cui abbiamo parlato di recente su queste pagine – di libertà e di lotta contro il Potere.  Anche questo un film non perfetto ma grande, che racconta la storia (vera, anche se controversa e da alcuni contestata) di sette prigionieri in fuga da un gulag siberiano durante la Seconda guerra mondiale. La resistenza al Male e all’ideologia, in forza di un Bene riscoperto insieme ad altri uomini. Inizialmente tutti disperati, poi man mano pronti ad aiutarsi e a farsi forza, a sostenersi quando tutto sembra perduto. Film anche spettacolare visivamente (anche per gli spazi sterminati nella fuga tra Siberia, Mongolia, Nepal, India, tra condizioni climatiche diverse ma sempre estreme), The Way Back colpisce per il realismo a tratti brutale e commuove per il desiderio irriducibile di libertà che anima i prigionieri in fuga. E per l’umanità non sconfitta, anzi capace ancora di bene e di perdono.

Infine, per bambini e per famiglie, il film di animazione più bello della stagione: Arrietty di Hiromasa Yonebayashi, allievo del grande Hayao Miyazaki qui in veste di sceneggiatore e produttore. Una splendida favola su un gruppo di esserini minuscoli che scappano dagli uomini. Finché la giovane Arrietty fa amicizia con un adolescente umano, Sho, ragazzo introverso e malato di cuore: la loro amicizia “proibita” si approfondisce con il passare dei giorni e tra mille difficoltà. Un capolavoro per eleganza del disegno e per profondità di racconto: Arietty e Sho possono davvero volersi bene perché si rispettano completamente, nelle loro differenti nature. Tanto da rischiare per affermare la verità della loro amicizia. Rafforzata dall’impressione di un comune destino di caducità: il ragazzo ha paura di morire, lei teme che il suo popolo sia condannato all’estinzione. Il tema dell’amicizia tra “diversi” tocca vette di poesia e sensibilità come in altri capolavori dello Studio Ghibli di Miyazaki (stimatissimo dai colleghi della Pixar, che lo considerano un maestro): nel suo cinema, le storie per bambini e per ragazzi sono sempre spiragli da cui entra in pieno la vita. In un contesto fiabesco – tra creature fantastiche e avventure mirabolanti – fa capolino la realtà in tutte le sue sfumature con la malattia, il dolore, la paura. Ma anche la bellezza, l’amicizia, la speranza. 

 

(2 – continua)