Nonostante le proteste, una petizione firmata da quasi 7mila persone e il tentativo (vano) del presidente Ruman Rudev di apporre il suo veto, alla fine in Bulgaria è entrata in vigore la già rinominata legge anti-LGBT che d’ora in poi vieterà qualsiasi tipo di “propaganda” – per citare il testo del disegno – all’interno delle scuole: un emendamento presentato già alla fine dello scorso mese dal partito di estrema destra (vicino alla Russia) Revival ed approvato lo scorso 7 di agosto da una larga maggioranza parlamentare di 159 favorevoli rispetto a soli 22 contrari e 12 astenuti.
Facendo un passetto indietro, la legge anti-LGBT approvata dal governo bulgaro intende – appunto – vietare “la propaganda, la promozione o l’incitamento in qualsiasi modo, direttamente o indirettamente”, all’interno del “sistema educativo” di qualsiasi – non meglio precisato – ideale “relativo all’orientamento sessuale non tradizionale e/o all’identità di genere diversa da quella biologica”; precisando che il citato “orientamento sessuale non tradizionale” è da intendere come qualsiasi concetto diverso da “attrazione emotiva, romantica, sessuale o sensuale tra persone di sesso opposto”.
Dalle proteste pubbliche al parere dell’ONU, approvata in Bulgaria nel silenzio dell’UE la legge anti-LGBT
Sorprendentemente avallato anche dai partiti europeisti, il disegno di legge anti-LGBT approvato in Bulgaria aveva immediatamente suscitato l’indignazione e il malcontento dell’intera comunità bulgara, spingendo migliaia di attivisti a scendere in piazza per chiedere un intervento da parte del presidente e dell’Unione Europea: in un primo momento Ruman Rudev aveva cercato di apporre il suo veto presidenziale; ma giovedì il tentativo è fallito e la palla è passata tutta in mano all’UE che – almeno per ora – non ha ancora proferito alcun tipo di commento.
“È profondamente preoccupante vedere la Bulgaria adottare tattiche tratte dal libro dei giochi della Russia – spiegano gli attivisti LGBT di Forbidden Colours – contro i diritti umani”, sottolineando che “tali azioni non solo sono regressive, ma sono anche in diretta contraddizione con i valori di uguaglianza e non discriminazione che l’Unione Europea rappresenta”; mentre l’associazione Amnesty International teme che anche sul territorio bulgaro si assisterà presto a discriminazioni simili a quelle che una legge simile ha già provocato (e continua a causare) nell’Ungheria di Viktor Orbán che ha vietato ogni tipo di promozione pubblica “dell’omosessualità”.
Nel silenzio dell’UE sulla legge anti-LGBT bulgara sono intervenute – un paio di giorni fa – le Nazioni Unite che nella persona del portavoce per i Diritti umani Liz Throssell ha invitato il governo a “riconsiderare” la sua posizione “in linea con gli obblighi internazionali”; invitandoli ad “affrontare lo stigma e la disinformazione (..) per promuovere l’accettazione e la tolleranza e per costruire società inclusive”.