Bullismo che sempre più spesso diventa cyberbullismo. Oggi sono sempre di più i ragazzini che utilizzano internet per prendere in giro compagni, rovinare la loro reputazione e persino organizzare delle vere e proprie spedizioni nei confronti dei coetanei. E spesso, si sfocia nella pornografia, come nel caso della diffusione di immagini hot da parte dei ragazzini di una scuola media di Roma, che con un’app hanno “spogliato” le compagne e diffuso le foto. I 14enni sono stati denunciati per diffusione di materiale pedopornografico e si sono giustificati dicendo: “L’abbiamo fatto per scherzare”. In questo caso l’app è Bikinioff, ma non è l’unica.



Sono tante, infatti, le tecnologie che vengono utilizzate per atti di bullismo e violenza, così come pressioni psicologiche o sfide che diventano trappole. A Bologna, invece, un gruppo di ragazzini ha usato Ask.fm per organizzare una mega rissa ai giardini Margherita. Attraverso la stessa app, Hannah, un’adolescente del Leicestershire, è morta impiccata in bagno dopo aver ricevuto decine di messaggi che la invitavano a farlo.



I rischi delle app

Il bullismo è sempre più social. Il meccanismo di alcune app aiuta a diffondere certe dinamiche, come lo stesso Snapchat, che permette di mandare messaggi anonimi e poi li autodistrugge: per questo è una delle app più usate per il sexting. Nel 2021, dopo varie citazioni in giudizio, l’azienda ha sospeso le app di messaggistica anonima. Altre ancora, come sottolinea Il Giornale, sono Formspring e Voxer. Nel caso della pornografia, un’altra utilizzata dai giovani è Reface.it, che permette di montare facce dei propri conoscenti su corpi nudi.

E ancora Whisper chiede confessioni anonime e Omegle mette in contatto le persone a caso solo per pochi minuti: anche in questo caso, spesso viene utilizzata per mandare immagini di nudo. Marco Camisani Calzolari, esperto del web e collaboratore dei carabinieri, spiega a Il Giornale: “Finché dietro a queste app c’è il guadagno, è una battaglia persa. I soldi vincono sull’etica. E poco potere ha un Garante che può limitare un’app solo in un determinato territorio. La rete non ha limiti territoriali. L’unica cosa che possiamo fare è educare i ragazzi a usare con il cervello app e siti. Ma per farlo, dobbiamo prima educare i genitori. Io ho scelto di non bloccare internet ai miei figli, ma con loro parlo dei rischi e dei pericoli che ci sono anche dietro un banale gioco”.