Buon Natale. Quante volte abbiamo scandito queste parole, non sempre con piena coscienza, ma sempre col desiderio che qualcosa di buono possa accadere. Ma quest’anno, anche se continueremo a ripeterlo, sarà diverso. Lo sappiamo bene. Lo sappiamo noi e lo sanno coloro a cui lo rivolgeremo. Non sarà buono, non solo per le rinunce cui il Covid ci costringe da quasi un anno, ma soprattutto perché non potrà riempirsi di tutti i buoni desideri che ogni anno normalmente lo accompagnano.



Anche se non sarà buono come lo vorremmo, certamente sarà Natale, anche in barba a certi politici che ne hanno stabilito una sorta di moratoria annuale. Sarà Natale perché sarà Santo, e sarà Santo perché è il Santo di Dio che viene tra noi. Noi cristiani non celebriamo una bella ricorrenza, ma un avvenimento accaduto allora, che si perpetua a tutt’oggi. Infatti, dice la scrittura che “venne ad abitare tra noi”, cioè non ha fatto una rapida apparizione, ma ha deciso di condividere la nostra vita quotidiana. Il Natale non è un evento del passato, ma un Mistero che si è reso presente nella storia e che continua; è l’annunzio della nascita di un uomo nuovo, che è venuto a ricostruire un mondo nuovo, dove c’è spazio per tutto ciò che è autenticamente umano.



In queste ultime settimana ci siamo sentiti ripetere più volte che bisogna “Salvare il Natale”. “Salvare il Natale” per noi credenti è qualcosa di diverso da quello che intendono tante persone per le quali le feste natalizie coincidono con la frenesia del consumismo, nel pur legittimo desiderio di far girare l’economia. Anche per noi potrebbe esserci il rischio di considerare il Natale come una festa tradizionale che, dimenticando il festeggiato, si riduce alla festa dei regali e al tradizionale pranzo. E questo avviene quando la festa non è più la contemplazione del Mistero dell’Incarnazione, che ci invita a mettere Gesù oggi e ogni giorno al centro della nostra vita.



In molti nelle scorse settimane mi hanno chiesto se fosse giusto fare il presepe quest’anno, visto che in tante case mancheranno i visitatori, a cominciare dai nipotini e a finire ai vicini di casa. Papa Francesco ha detto che l’albero di Natale e il presepe sono segni di speranza, specialmente in questo tempo difficile. Ed ha raccomandato: “Facciamo in modo di non fermarci al segno, ma di andare al significato, cioè a Gesù, all’amore di Dio che Lui ci ha rivelato, andare alla bontà infinita che ha fatto risplendere sul mondo. Non c’è pandemia, non c’è crisi che possa spegnere questa luce”.

Dal XIII secolo si è diffusa la bella tradizione, influenzata dal presepe allestito a Greccio da san Francesco d’Assisi nel 1223, di costruire piccoli presepi nelle abitazioni domestiche. Ho spiegato ad alcuni bambini di scuola che il presepe serve affinché i membri della famiglia si pongano in contatto con il mistero del Natale, e si raccolgano per un momento di preghiera o di lettura delle pagine bibliche riguardanti la nascita di Gesù e il canto dei tradizionali inni natalizi. Anche in piena pandemia costruire il presepe può restare un gesto abitudinario, senza significato se non siamo capaci di annunciare il Mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio con semplicità e fantasia creativa. Il presepe fa parte del dolce ed esigente processo di trasmissione della fede: non è importante come si allestisce, ciò che conta, è che esso parli alla nostra vita, raccontando l’amore di Dio per noi, il Dio che si è fatto bambino per dirci quanto è vicino ad ogni essere umano. Nulla più dell’abitudine uccide l’amore e nulla ci distoglie dalla fede più della pigrizia spirituale e di una religiosità disincarnata dalla vita reale.

Altri ancora mi hanno chiesto come fare per compiere i tradizionali gesti di carità verso i poveri, visto che dobbiamo evitare di muoverci o di incontrarci.

Il Natale è soprattutto la festa della manifestazione della bontà di Dio, della sua filantropia per gli uomini, come scrive san Paolo a Tito (Tt 3,4).  Non è innanzitutto un appello alla buona volontà degli uomini, ma l’annuncio della buona volontà di Dio, della sua benevolenza per gli uomini come cantiamo nella nuova versione del “gloria”: “Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini amati dal Signore”. Dall’esperienza della carità di Dio verso di noi, che da ricco si è fatto povero, deriva il nostro impegno morale di carità verso il prossimo ed in particolare verso i poveri. Dalla virtù teologale della carità derivano per i cristiani le opere di misericordia corporali e spirituali e i gesti di solidarietà e di altruismo. In questo Natale siamo invitati a farci ispirare dalla “fantasia della carità”.

In questi mesi sono state messe in atto tante iniziative che utilizzando i mezzi telematici ed evitando raggruppamenti ed assembramenti hanno consentito di compiere gesti per aiutare i più bisognosi, utilizzando il pagamento elettronico da casa. L’esempio più recente e significativo è stato certamente la Colletta alimentare, che quest’anno si è svolta con ampio utilizzo degli strumenti informatici. Ed i risultati ci sono stati. E poi sono tante le associazioni benefiche laiche e cattoliche, nazionali e locali, che svolgono un prezioso contributo, che non fermano la propria attività a servizio dei poveri neanche a Natale, che si possono aiutare senza uscire di casa.

Inoltre, da casa si possono inviare regali, dolci, cibi, vestiario attraverso il web non solo ad amici e familiari lontani, ma anche a persone bisognose che abbiamo conosciuto in parrocchia o di cui può fornirci l’indirizzo il parroco. Tutti i negozianti sono in grado di recapitare pacchi ovunque.

E poi c’è il tempo. Quest’anno tutti ne avremo di più a disposizione e lo trascorreremo a casa dovendo rinunciare a pranzi e visite. Si potrà utilizzare innanzitutto raggiungendo per telefono chi vive di più la solitudine, e non solo gli anziani o i malati. Chi non sentiamo o vediamo da tempo, chi è colpito da una particolare sofferenza. Si può anche riprendere l’abitudine di scrivere una lettera o un biglietto augurale. Nelle mie visite alle case di riposo ho potuto constatare con quanta venerazione i vecchi conservano le foto e i bigliettini che ricevono. Ma anche ad un nipotino lontano si può inviare un bigliettino di auguri che forse conserverà con più attenzione di tante foto trasmesse col cellulare. Insomma, non facciamoci prendere dalle difficoltà, e soprattutto non usiamole come alibi. Di fronte a un Natale che sappiamo già diverso, cominciamo noi ad essere diversi, diventando più propositivi e carichi di speranza.

Possiamo cominciare anche sostituendo, al tradizionale Buon Natale, un più significativo ed efficace Santo Natale.