Vanno dall’11% al 15% le commissioni che i pubblici esercizi sono costretti a pagare per accettare i buoni pasto che i datori di lavoro privati acquistano per i loro dipendenti. Un livello eccessivamente alto, soprattutto se confrontato quello relativo al settore pubblico dove un provvedimento ad hoc entrato in vigore nel luglio dello scorso anno, fissa il limite massimo al 5%. A rivelare il gap sono i risultati di un’indagine condotta da Fipe-Confcommercio, la Federazione italiana pubblici esercizi, attraverso un questionario somministrato online nel periodo compreso tra il 15 e il 30 maggio 2023 a un campione di oltre 300 esercizi che accettano, oltre a quelli pubblici, i buoni pasto di aziende private.



I risultati sono allarmanti. Solo per un’impresa su tre – emerge dalla survey – le commissioni sono inferiori al 10%. La maggioranza degli esercizi, al contrario, supera questa soglia: ben il 52,7% degli intervistati, infatti, ha dichiarato di pagare una percentuale compresa tra l’11% e il 15%, mentre nel 13,9% dei casi si supera addirittura il 15%. Percentuali dunque ben lontane dal corrispettivo riconosciuto al settore pubblico, che Fipe definisce non giustificabili “visto che i buoni pasto godono già di enormi vantaggi fiscali e contributivi”. E che soprattutto rischiano di innescare reazioni destinate, in ultima istanza, a scaricarsi sulle spalle del consumatore. “Questa situazione – afferma in una nota la stessa Fipe – è sempre più insostenibile per i pubblici esercizi che, in assenza di un intervento, si troveranno costretti, come peraltro sta già avvenendo, a non poter più accettare i buoni pasto, con effetti negativi sugli oltre 3 milioni di lavoratori che li utilizzano ogni giorno”.



E da qui l’appello di Lino Enrico Stoppani, Presidente di Fipe-Confcommercio: “Il tetto del 5% alle commissioni introdotto nelle gare pubbliche deve essere esteso anche ai contratti privati. Sono infatti necessari interventi urgenti per evitare che un utile strumento di welfare aziendale perda il suo forte valore di servizio, lasciando spazio alla miope speculazione. Ricordiamo che il buono pasto gode di enormi vantaggi in termini di deducibilità e decontribuzione per le aziende che li acquistano per i propri lavoratori. Da queste aziende ci aspettiamo un’assunzione di responsabilità, nel rispetto anche del servizio che ogni giorno i pubblici esercizi rendono ai loro dipendenti”.



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