Il virologo Roberto Burioni torna a chiedere chiarezza sul numero dei morti per Covid in Italia. Contagi e ricoveri sono in calo, ma il numero dei decessi invece non sembra voler calare. Gli scienziati hanno evidenziato che questa è la curva che scende più lentamente e che le morti riguardano persone soprattutto anziane e con patologie, quindi fragili. Ma i numeri che si stanno registrando continuano a impressionare il professore dell’università Vita-Salute San Raffaele di Milano. «Ieri altri 147 morti per Covid. Amici farmacisti mi raccontano di abbondanti prescrizioni di azitromicina (un antibiotico inutile per la cura di Covid e dannoso in generale) e rarissime prescrizioni di Paxlovid*. Si può sapere dalle autorità come stanno davvero le cose?», ha twittato il 19 agosto.



L’appello di Roberto Burioni non ha ancora portato a riscontri da parte delle autorità sanitarie, invece Roberto Bertollini, esperto di sanità pubblica e già rappresentante dell’Oms all’Ue e ora consulente del ministro della Salute del Qatar, ha risposto: «Caro Roberto Burioni, condivido al 100% le tue preoccupazioni. La mortalità da Covid in Italia è troppo alta. È fondamentale che l’Istituto superiore di sanità metta in cantiere uno studio nazionale che ne identifichi le cause anche a confronto con altri paesi dal profilo demografico simile».



MORTI COVID, PER BERTOLLINI SERVE STUDIO NAZIONALE

Dopo la replica di Roberto Bertollini, il virologo Roberto Burioni ha rilanciato: «Anche Bertollini, un esperto mondiale autore di alcuni dei più importanti lavori usciti su COVID, ritiene necessario un approfondimento sul numero di morti per COVID che si continua a registrare in Italia. Basta ipotesi, ci vogliono dati». Pur consapevole che quanto gli viene segnalato rientra nell’aneddotica, Burioni ritiene che proprio per questo sia importante «conoscere i dati ufficiali sulle prescrizioni di azitromicina rispetto al 2019 e di Paxlovid rispetto ad altri Paesi. Ricordo che Paxlovid è indicato, tra l’altro, in tutti i pazienti Covid oltre i 65 anni». A proposito del farmaco sviluppato da Pfizer, ha ricordato che «non deve essere prescritto in base alla gravità dei sintomi, ma – una volta accertato il contagio – in base al profilo di rischio del paziente. La gestione del farmaco è così complessa che in Usa viene prescritto da farmacisti e infermieri». Silvestro Scotti, segretario nazionale della Federazione dei medici di medicina generale (Fmmg) ha assicurato che i medici di famiglia non hanno problemi a prescrivere antivirali contro il Covid. «Ma oggi i criteri, decisi dall’Aifa per somministrare la terapia, sono restrittivi, riguardano una piccola fascia delle persone che si infettano e un arco temporale limitato dell’infezione».



SILVESTRO SCOTTI REPLICA A ROBERTO BURIONI

Il problema, dunque, non sono i medici di famiglia, secondo quanto riferito da Silvestro Scotti all’AdnKronos. «Chi attribuisce la ‘responsabilità’ dello scarso utilizzo ad una nostra ‘timidezza’ prescrittiva fa un’affermazione antiscientifica che si basa su dati infondati e stupisce se a farla è uno scienziato». Inoltre, fa presente che non si può ragionare sul numero di confezioni usate rispetto al numero di contagiati: «Si dà un dato falsato perché non tutti i contagiati possono avere accesso all’antivirale. Anzi: la percentuale dei candidabili è minimale e lo sarà finché saranno valide le limitazioni previste dall’Aifa». Per Scotti, dunque, è opportuno un allargamento: «Per esempio potrebbe essere utile poter trattare i pazienti per categorie a rischio sociale, come i sanitari. O casi che riteniamo necessari: un giovane che vive in casa con un paziente oncologico. Oggi non lo possiamo fare». Per questo propone di inserire un medico di famiglia nelle commissioni Aifa. «Su 7 pazienti candidabili all’antivirale rispetto ai miei mille pazienti, solo a 4 sono riuscito a dare il farmaco perché altri 3 prendevano farmaci non compatibili».