La vicenda di cronaca che sconvolse l’Italia intera, quella del bus dirottato ed incendiato a San Donato Milanese il 20 marzo del 2019 sarà al centro della nuova puntata di Un Giorno in Pretura. Nel corso del nuovo appuntamento in onda nella seconda serata odierna di Rai3 sarà ripercorsa l’intera vicenda e mostrato il processo a carico Ousseynou Sy, l’autista 47enne di origini senegalesi ma con cittadinanza italiana da oltre 15 anni, il quale si rese autore dell’incredibile gesto. Quel giorno a bordo dell’autobus che fu prima sequestrato e poi dato alle fiamme c’erano ben 50 bambini della scuola media “Vailati” di Crema oltre a due insegnanti e ad una operatrice scolastica, tutti fortunatamente messi in salvo dall’intervento dei carabinieri.



“Voglio farla finita, di voi non si salverà nessuno, vanno fermate le morti nel Mediterraneo”, sarebbe stata una delle frasi udite da alcuni testimoni dall’autista. Alcuni studenti avrebbero compreso ciò che stava accadendo avvisando prontamente i genitori tramite cellulare i quali a loro volta avrebbero poi allertato il 112. Nell’immediatezza dei fatti furono così realizzati prontamente dei posti di blocco lungo il tragitto. Solo dopo essere stato intercettato e fermato, Sy scese dal mezzo precedentemente cosparso di benzina dando fuoco al bus fortunatamente senza provocare feriti. Il solo a riportare ferite gravi al termine del sequestro dello scuolabus, durato in tutto circa 40 minuti fu proprio l’autista.



BUS DIROTTATO A MILANO E INCENDIATO: L’INTERVENTO DI ADAM E RAMY

Oltre all’intervento dei carabinieri che riuscirono a rompere i finestrini e la porta posteriore del bus portando via tutti i passeggeri prima che il mezzo potesse prendere fuoco, fu fondamentale l’intervento e la prontezza di due ragazzini che erano a bordo, Adam El Hamami e Ramy Shehata. Furono loro ad allertare prontamente i soccorsi e per il loro importante gesto furono poi “premiati” dal governo Conte concedendo loro la cittadinanza italiana. I due ragazzi insieme ad un loro compagno riuscirono a telefonare al 112 ed ai genitori senza farsi scoprire dal sequestratore permettendo così l’intervento delle forze dell’ordine. Ousseynou Sy fu accusato di sequestro di persona e strage con l’aggravante della finalità terroristica. Gli inquirenti, come spiega Repubblica, lo definirono un “lupo solitario, senza legami con l’Isis”, ma ad ogni modo si rese comunque autore di una possibile strage evitata miracolosamente: “Soltanto grazie al coraggio e alla professionalità dei carabinieri un giorno che si sarebbe ricordato per decenni è finito bene: hanno compiuto un’operazione che vediamo nei film con le squadre speciali”, commentarono i procuratori.



OUSSEYNOU SY, LE CONDANNE IN PRIMO E SECONDO GRADO

Voleva vendicare tutti “i bambini morti nel Mediterraneo” dando “la colpa a Di Maio e Salvini” l’autista del bus dirottato nei pressi di Milano. Ousseynou Sy fu prima portato al Niguarda per le medicazioni e poi in procura per l’interrogatorio. Nel luglio 2020, al termine del processo in Corte d’Assise a Milano l’uomo fu condannato a 24 anni di carcere. Come richiesto dal pm Luca Poniz, Sy fu imputato del reato di sequestro di persona a fini terroristici o eversivi e non di quello di sequestro di persona semplice come all’inizio del procedimento. Poco prima della sentenza, durante alcune dichiarazioni spontanee Sy ribadì come il suo fu un puro “gesto dimostrativo”. “Ricordatevi che il mio gesto aveva solo lo scopo di salvare vite umane, perché non se ne poteva più. Tutti i giorni vedevo orrori”, aveva detto. Di recente, nell’aprile scorso, è giunta anche la sentenza di secondo grado a carico dell’uomo al quale il collegio presieduto da Giovanna Ichino ha tolto l’aggravante dal reato di lesioni e ha considerato le lesioni un’aggravante del reato di attentato con finalità di terrorismo. Tale circostanza, come spiegato dal Fatto Quotidiano, ha contribuito a ridurre la pena da 24 a 19 anni di reclusione a carico di Sy. Dopo la condanna in Appello, il suo legale, l’avvocato Giovanni Garbagnati aveva commentato: “Aspettiamo di leggere le motivazioni della sentenza” ma poi “faremo certamente ricorso in Cassazione. Il mio assistito anche in sede di dichiarazioni spontanee si è detto rammaricato per il gesto che ha commesso, da tempo ha maturato questa convinzione”.