Oggi a Bruxelles verrà presentata la Bussola della competitività, le cui linee guida sono state anticipate a Davos da Ursula von der Leyen. Secondo le indiscrezioni, la Commissione europea si limiterà a illustrare la prima parte di questo piano, contenente provvedimenti che dovrebbero essere approvati tra il 2025 e il 2026, che si incrocerà con il Clean Industrial Deal, per potenziare la produzione di energia pulita nell’Ue, e il pacchetto omnibus di semplificazioni, i cui dettagli verranno svelati tra circa un mese. Domani, invece, verrà lanciato formalmente il Dialogo strategico sul futuro dell’automotive, un tema sul quale va anche registrata una recente convergenza del Governo francese verso le posizioni che da tempo sostiene l’Esecutivo italiano. Abbiamo chiesto un commento all’ex direttore de Il Sole 24 Ore, Guido Gentili, che vuol innanzitutto «mettere in rilievo un dato».
Quale?
La presentazione della Bussola della competitività rappresenta il primo atto programmatico della nuova Commissione, che arriva, però, quasi otto mesi dopo le elezioni europee. Si tratta di un lasso temporale che da solo evidenzia i problemi dell’Europa nell’attuale contesto internazionale. Certo, non si può pensare di agire come fa Trump tramite gli ordini esecutivi, ma c’è una tale diversità di velocità decisionale, dovuta anche alla complessità della costruzione europea, dalla quale emerge una delle ragioni per cui l’Ue finisce per essere il vaso di coccio tra Stati Uniti e Cina.
Come le sembra, a livello di contenuto, per com’è stato finora presentato, la Bussola della competitività?
Mi pare che cerchi di andare nella direzione indicata dal Rapporto Draghi e presenta degli elementi interessanti, per esempio laddove si prospetta un’ampia opera di semplificazione di cui imprese e cittadini potrebbero beneficiare. Bisognerà, però, poi convincere tutti i Paesi membri a superare le frammentazioni esistenti in tema di politiche industriali, tramite anche l’introduzione di uno strumento per il coordinamento della competitività, e questo sarà un passaggio complicato.
Oltre a questo tipo di frammentazione tra Paesi, per i piani della Commissione va aggiunto anche il problema di essere sostenuta da una maggioranza risicata ed eterogenea?
Sì, anche se su questo fronte la von der Leyen ci ha abituato a una duttilità pragmatica in grado di superare anche le situazioni più complicate: mi sembra sia ormai una leader sperimentata delle mediazioni. Certamente la Presidente della Commissione non è aiutata dall’attuale situazione politica di Francia e Germania, che limita non poco l’operatività dell’Ue. E credo che questo possa portare a un’ulteriore considerazione riguardo la Bussola della competitività.
Che tipo di considerazione?
Il ministro delle Finanze polacco, Andrzej Domański, la scorsa settimana ha detto che l’Europa deve essere una superpotenza economica, non una superpotenza regolatoria. Mi pare che l’Ue ancora fatichi a compiere i passi per realizzare questo salto che potrebbe in qualche modo riavvicinarla a Usa e Cina.
C’è il rischio che la Bussola della competitività debba essere implementata o rivista in virtù di cambiamenti repentini che potrebbero arrivare anche dagli Stati Uniti?
Che i cambiamenti repentini possano esserci ne abbiamo avuto riprova in questi giorni con il caso DeepSeek, che sta facendo scricchiolare le certezze americane sull’IA. La Bussola della competitività va benissimo dal punto di vista della costruzione dei principi che sono indicati, ma non ci si può poi limitare a cominciare una lunga strada che porterà tra qualche anno a qualche indicazione operativa. Nei prossimi mesi ci saranno da prendere decisioni concrete, non in astratto mediante l’elencazione di principi e grandi dibattiti, e il fattore tempo sarà decisivo. Ovviamente va anche risolta la questione politica riguardante Francia e Germania: se non si trova un baricentro decisionale importante a livello europeo, rischia di farsi tutto più complicato.
Secondo alcuni commentatori, la Bussola per la competitività rappresenterebbe la volontà della nuova Commissione von der Leyen di compiere alcuni passi indietro rispetto al Green Deal approvato nella precedente legislatura. Cosa ne pensa?
A me sembra che sul Green Deal ci siano ancora segnali contrastanti. Non solo perché la posizione della Vicepresidente Teresa Ribera è quella di una continuità, ma anche perché la Presidente della Commissione subito dopo l’investitura ha mostrato una certa apertura a una revisione del Green Deal, mentre pochi giorni fa ha fatto capire che non intende fare marce indietro sulle politiche per l’ambiente e sulla transizione energetica.
Domani partirà il Dialogo strategico per l’automotive voluto dalla von der Leyen proprio con l’intento di ascoltare le difficoltà di un settore fortemente impattato dal Green Deal. Cosa dobbiamo aspettarci?
Probabilmente sul tema impellente delle multe ai produttori europei per le emissioni è immaginabile e auspicabile un intervento quanto meno di riduzione delle stesse. Resta invece un passaggio complicato quello relativo alla revisione del bando alla vendita di vetture con motori endotermici dal 2035, anche se mi sembra che ci sia da parte dei tedeschi e dei francesi una disponibilità ad affrontare questo tema, come pure della Polonia che è presidente di turno del Consiglio dell’Ue.
Cosa pensa di quella che appare come una svolta della Francia sul Green Deal, dopo che il Governo di Parigi ha chiesto di rinviare sine die l’applicazione di alcune norme che avrebbero un impatto importante sulle imprese?
Anche se con molta lentezza, la Francia si sta muovendo verso un’apertura alla revisione del Green Deal. È una novità interessante che potrebbe anche favorire la ricostruzione, pur tra mille difficoltà, di un’intesa con la Germania, visto il documento del Ppe a guida tedesca presentato la scorsa settimana in cui si chiede una sospensione di almeno due anni sui nuovi regolamenti comunitari riguardanti il clima e la sostenibilità ambientale.
(Lorenzo Torrisi)
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