Vi ricordate il 2003? Beh gli interisti se lo ricordano bene, non tanto per i due derby persi, sicuramente per il cambio in corsa Cuper-Zaccheroni (cosa di cui Moratti non ha perso l’abitudine), io lo ricordo sopratutto come l’anno delle fasce: sì ho stampato in mente l’agosto di quell’anno, durante il quale il presidente fece shopping di esterni, meno, che più conosciuti. La beneamata, oltre ai vari Coco, Adani, Almeyda e Kallon, vantava gli essenziali giocatori di fascia che tanto erano indispensabili al 4-4-2 dell’hombre vertical. Furono acquistati Emre, Fadiga, Karagunis, Kily Gonzales, Luciano e Van Der Meyde, bella e lunga lista dei cui componenti non voglio soffermarmi né per quanto vennero pagati, nemmeno per quanto fossero “forti come…”, penso semplicemente che il loro ruolo era funzionale all’idea di gioco del mister. Funzionale, aggettivo che ritorna nel passaggio dalla prima alla seconda repubblica morattiana, quando cioè il Massimo Moratti capì che c’era bisogno di dare una svolta e ingaggiò, saggiamente, Roberto Mancini, il quale fissò come costituzione il centrocampo a rombo, modulo col quale ancora oggi l’Inter sa giocare meglio anche dopo sette lunghi anni. I neroazzurri passo dopo passo, coppa Italia dopo coppa Italia ripresero a vincere anche il campionato e divennero la squadra dei record nella quale chi giocava, sbagliava poco se non niente. Arriviamo quasi ai giorni nostri, dopo le uscite “alla Toldo” del Mancio davanti alla stampa Moratti capisce che si deve aprire un nuovo ciclo e chiama lo Special, il cui solo nome, per tutti noi suoi aficionados, ci fa venire le lacrime agli occhi. Mourinho, che scemo non è, capisce che Quaresma e il 4-3-3 del suo Chelsea non è un vestito adatto alla sua nuova squadra mediterranea e costruisce le sue prime vittorie sulle fondamenta scavate dal suo predecessore: il rombo, oltre a Ibra, è fondamentale. Si festeggia in piazza Duomo il pareggio di scudetti tra Inter e Milan, e Josè, oltre a essere osannato, trasforma la sua corazzata per la conquista dell’Europa attraverso una geniale fusione tra il continentale 4-3-3 e il nostrano 4-3-1-2: nasce in casa Inter il fatidico 4-2-3-1. Il sacrificio e lo spirito instauratosi nella famiglia portano i cuori neroazzurri a scoppiare di gioia allo scoccare del terzo e più desiderato titulo; tutto ciò è stato reso possibile tatticamente da giocatori convinti della loro posizione: Snejder progettava e spediva il messaggio, recapitato da Pandev ed Eto’o, corrieri infaticabili sulle corsie, ed infine reso materia dal Principe Milito. A questo orologio svizzero aggiungiamoci Balotelli, giocatore capace, quando ne aveva voglia, di cambiare da solo una partita (per approfondimenti vi ricordo il gol contro il Rubin) che per questo motivo divenne la croce e la delizia di tutti i tifosi.

Era lui il futuro su cui volevamo immaginare la nostra squadra, perché Mario, oltre ad essere un fenomeno, aveva una caratteristica che pochi hanno: la duttilità. Questa sua qualità faceva di Super M. il calciatore che tanto mancava nella panchina del biscione, troppe volte troppo lunga. Ironia della sorte fu il concretizzarsi della cessione di un calciatore tanto forte quanto poco pagato, regalatoci dal destino già in maglia blu e nera ma talmente ribelle che quasi ci fu soddisfazione a venderlo, a suon di quattrini, al suo tutore Mancini. Gli interisti scendono dall’astronave comandata dallo Special e tornano sulla terra, tra i campi di Appiano riassaporano subito quelle fastidiose incomprensioni dimenticate da più di cinque anni: Benitez vince ma non convince; Leo stimola ma a intermittenza; il modulo base è ancora il solito rombo ma non efficacie come tempo fa. Anche sul fronte mercato, manca sapienza e coerenza, se ne va l’esperto guerriero Eto’o, rimane in spogliatoio Coutinho, arriva Alvarez e dopo la relazione lampo con Gasperini, viene chiamato a curare il malato terminale il normalizzatore Ranieri, che dell’ambiente non è, ma porta al suo interno poche e semplici idee. Togli la difesa a tre, idea più pazza della stessa Inter, raddrizza i muri e vedi che il buon Claudio porta i neroazzurri in zona Europa rispolverando un modulo all’antica, il 4-4-2 del suo quasi coetaneo Cuper, ma con una differenza: lui gli esterni non ce li ha. Arriva “il bello ed il difficile”, Snejder dove lo colloco? E poi Alvarez può giocare largo? E Forlan? Domande che sembrano possano insabbiarsi se non risolversi grazie al mercato di riparazione, durante il quale ci si aspetta coerentemente un vero esterno funzionale al progetto del mister, ma così non è. Si decide di rimpinzare un centrocampo già abbastanza satollo con Guarin e Kucka ma di ali neanche se ne parla. Vedremo questa seconda parte di campionato se le mosse della società si dimostreranno per lo meno accettabili o un’altra volta ancora si è pensato troppo frettolosamente ad un idea di gioco tanto ideale e quanto poco praticabile.

 

(Giorgio Davico)