L’altro giorno ha compiuto 302 anni, un miracolo di longevità per quello che risulta essere il più storico esercizio pubblico del mondo in attività. Pardòn, macché esercizio, è molto, ma moooolto di più. È il Caffè Florian, sorto il 29 dicembre 1720 a Venezia, sotto i portici di piazza San Marco, all’ombra del Campanile e con bella vista sulla Basilica di San Marco. All’inizio del ventennio di tre secoli fa, tale Floriano Francesconi (di cui nonostante tutto si sa ben poco) inaugurò “Alla Venezia trionfante”, due stanzette ricavate al piano basso delle Procuratie nuove, ossia la procura generale, ispirate alla moda introdotta sempre in Piazza San Marco da un arabo, che aveva aperto una bottega del caffè poco distante. A quel locale “trionfante” ne fecero poi seguito molti altri, compreso il Caffè inaugurato nel 1775 da Giorgio Quadri, sull’altro lato della piazza, praticamente di fronte: si dice che a un certo punto erano decine quelli che nella piazza offrivano quella strana bevanda, considerata quasi medicinale, importata dalle consuetudini mediorientali, che prometteva una scarica di energia e vitalità.



Dai commerci veneziani (appunto la Venezia trionfante), dalle scorrerie turche, i veneziani introdussero il caffè prima nella loro capitale, e da lì in tutto il Vecchio continente. Certamente non era l’espresso da bar che si conosce oggi, ma una brodaglia nera ma caldissima, ricavata dall’infusione di una bacca allora nota come khadè. Il nome originario del locale cambiò nel 1797, quando, morto il fondatore, il nipote erede Valentino optò per l’abbreviazione Floriàn, con l’accentazione tronca, visto anche che quel “trionfale” non aveva più senso, dato il crollo della Serenissima. Il locale aveva già subìto cambiamenti, con l’accorpamento di alcuni vani attigui (sono quelli che oggi s’intitolano Sala Orientale e Sala del Senato), un allargamento motivato dal praticamente immediato successo che travolse la famiglia.



In quel continuo viavai, si ricordano clienti quali Carlo Goldoni (il Ridolfo della “Bottega del Caffè” sembra sia ispirato direttamente a Floriano), Gasparo Gozzi (il letterato del bisettimanale Gazzetta Veneta), Giacomo Casanova, ambasciatori, mercanti, politici, nobili, ma anche giocatori d’azzardo e gigolò, e poi patrioti. Nel 1848 Daniele Manin, proprio da un tavolino del Caffè, annunciò la nascita del governo di transizione, dopo l’insurrezione anti-austriaci. A metà dell’Ottocento il locale passò di mano, dal figlio di Valentino, Antonio, ai proprietari del Caffè degli Specchi, altro locale all’epoca molto di moda: fu così che le famiglie Porta, Pardelli e Boccanello iniziarono un’altra trasformazione, con relativo ampliamento e ristrutturazione, tra marmi, dipinti, appunto specchi e velluti, per arrivare allo stile che resiste ancora oggi.



Sono passati tre secoli, ma il Floriàn non ha mai chiuso, nemmeno durante le guerre, con solo qualche problema recente dovuto alla pandemia. E da un tavolino all’interno, circondati da quei decori, o seduti all’esterno, magari accanto ai musicisti in smoking che intrattengono i clienti, si riesce a percepire tutta questa storia, ci si immerge nella Venezia dei fasti, crocevia di culture e di scambi, una città inclusiva e capace di ispirare la sua basilica più imponente ad architetture inusuali ed esotiche.

Oggi il mondo s’è ristretto, i collegamenti sono facili e nessuno si stupisce più di nulla, trovando tutte le risposte alle proprie curiosità sul web. Un clic su Floriàn restituisce più di mezzo milione di risposte, e c’è di tutto, dalle leggende alle lamentele di clienti che hanno pagato più di sei euro un espresso. Regalarsi una sosta al Floriàn però non è, non può essere solo una pausa caffè: sedersi qui è respirare un viaggio nel tempo che unisce passato e presente con uno stile e un’atmosfera unica. Il caffè o lo spritz sono solo pretesti, qui si viene ad assaggiare la storia. Di Venezia e del mondo.

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI