L’ULTIMA “CROCIATA” DEL CAI: “STOP A CROCIFISSI IN MONTAGNA”

Si fa gioco facile a chiamarla “crociata” l’ultima intemerata del Cai – Club Alpino Italiano – che arriva a considerare “anacronistiche” e “divisive” le croci in vetta sulla montagna d’Italia e non solo. La storia emerge grazie al racconto di Alberto Giannoni su “Il Giornale” ma sta facendo emergere una profonda spaccatura interna al Cai latente ormai da anni. «La società attuale si può ancora rispecchiare nel simbolo della croce? Ha ancora senso innalzarne di nuove? Probabilmente la risposta è no», così scrive un recente articolo de “Lo scarpone” (lo storico portale del Cai, da 160 anni associazione che si occupa dello studio e della tutela dei monti) a cura di Pietro Lacasella.



«Sbagliato rimuoverle, anacronistico istallarne di nuove. La croce non rappresenta più una prospettiva comune, bensì una visione parziale», rileva il curatore del portale Cai. Il tema è stato poi sviscerato anche in un recente incontro all’Università Cattolica di Milano dove Ines Millesimi ha presentato “Croci di vetta in Appennino”, volume dedicato all’usanza antica ormai persa nei secoli dell’Europa un tempo cristiana e oggi secolarizzata. Dal Papa “montanaro” san Giovanni Paolo II in giù, il rapporto profondo tra spiritualità, riflessione e natura verteva sul legame tra la montagna e l’ascesa verso Dio: oggi si vuole interrompere quel “rapporto” arrivando a decostruire quanto curato e mantenuto fino ad oggi.



IL CAI DIVIDE SULLE CROCI IN MONTAGNA: LE REAZIONI E LA “CANCEL CULTURE”

Viaggiatori, scalatori, pellegrini ma anche semplici persone che nel silenzio della montagna approfondivano – se lo volevano – il loro “senso religioso” davanti allo spettacolo dell’altura: si vuole interrompere il “simbolo” legato a questa tensione in quella che assomiglia molto da vicino ad una “mascherata” cancel culture moderna. «Cosa ha da dire la croce nella solitudine della montagna? – scriveva già nel 1928 l’alpinista e insegnante ginnasiale austriaco Eugen Guido LammerLasciate che risuoni pura la lingua degli elementi, lasciate che la natura parli inalterata alla vostra anima».



L’eredità di quell’anticlericalismo ha attecchito decenni dopo ma è ormai giunta in Europa e ora col Cai anche in Italia: già lo scorso anno era esplosa la polemica per la croce dedicata a Papa Wojtyla da collocare sulla vetta del Monte Baldo. Le Sezioni veronesi del Club Alpino Italiano si opposero con forza scrivendo addirittura al sindaco di Malcesine «La montagna è di per sé un luogo di pace e di riflessione e non ha quindi bisogno di nuove installazioni e di manifestazioni estemporanee e altamente invasive, probabilmente frutto più di ambizioni personali che di autentica fede». Ora la “crociata” contro i crocifissi in vetta è “apparecchiata” a livello nazionale: i soci sono divisi, alcuni addirittura arrivano a strappare la loro iscrizione, «Si può andare in montagna anche senza tessera». Il tema resta: il fatto che possa dare “fastidio” a qualcuno vale come criterio per dismettere una pratica che è molto più di una tradizione.