Lo Schiaccianoci di Peter Illic Čajkovskij è spettacolo tradizionale per il periodo festivo di Natale e Fine/Inizio Anno. E’ in scena in tutto il mondo in questo periodo. Piace a grandi ed a bambini. A Roma, nonostante le restrizioni causate dal corona virus, se ne possono vedere due edizioni.  Ho scelto quella del Teatro dell’Opera e vi ho portato alla replica di mattinée del 24 dicembre il mio nipotino di cinque anni e mezzo per la prima volta in un teatro “da grandi”. Eravamo ambedue nel palco 10 di destra di platea ed abbiamo gustato insieme uno spettacolo differente dalle solite edizioni di questo capolavoro ultimo di Čajkovskij, composto quasi parallelamente alla sesta sinfonia e concepito per essere rappresentato insieme all’opera in un atto, Iolanta.



Di solito, Lo Schiaccianoci viene presentato adattando la versione di Ivanov e Petipa, con cui debuttò il 18 dicembre del 1892 al Teatro Mariinsky di San Pietroburgo. Un balletto tratto da l’Histoire d’un casse-noisette di Alexandre Dumas (1845), versione edulcorata di Casse-Noisette et le Roi des rats di E.T.A. Hoffmann (1816). Quindi, un divertissement natalizio per l’aristocrazia e l’alta borghesia russa.



La versione presentata questa stagione al Teatro dell’Opera è, invece, una ripresa curata da Giuliano Peparini che ha debuttato, con successo, nel 2015. L’ambientazione è nel mondo dell’alta finanza britannica all’inizio del Novecento in una Londra caratterizzata da forti differenze sociali tra chi è “upstairs” e chi è, invece, “downstairs”. Un mondo alla Dickens. Mantenendo la partitura immutata, il libretto viene cambiato e il balletto diventa un Bildungsroman, ossia un racconto di crescita e maturazione, in cui la protagonista prende gradualmente ma progressivamente coscienza delle diseguaglianze sociali. Forse una lettura in linea con i sentimenti di Čajkovskij, a cui era stato commissionato un divertissement natalizio ma che stava componendol’ultima sinfonia ed era nel pieno della crisi esistenziale che, di lì a poco, lo porterà al suicidio.



Peparini è uno dei registi più prolifici e più eclettici della scena internazionale. Già a sedici anni danzava all’American Ballet School di New York. La sua esperienza è stata, successivamente, in Francia, a Marsiglia e a Parigi, e in Russia, a San Pietroburgo. Non ha riguardato unicamente il balletto classico, ma anche la danza moderna e il più grande spettacolo acquatico del mondo, The House of Dancing Water, ormai diventato un’attrazione turistica permanente a Macao. E ancora regista di Romeo e Giuletta – Ama e Cambia il Mondo, opera moderna di David Zard che ha debuttato nel 2013 all’Arena di Verona. Con un curriculum così, non ci poteva aspettare uno Schiaccianoci elegante e manierato, privo di messaggi e pensato solo per allietare le feste di Natale e Capodanno.

Essendo cresciuto tra codici e schemi”, afferma Peparini, “torno oggi al balletto classico con una nuova consapevolezza e visione. Il mio Schiaccianoci è un albero di Natale con tanti colori, dove l’essenziale è ben organizzare questa diversità, una fusion stilistica di danze molto diverse tra di loro. Quando creo, agisco per necessità e sulla base di questa, uso un linguaggio classico o contemporaneo, street o musical, un melting pot di movimento che mi rappresenta in quel momento. In Schiaccianoci c’è una storia, ma è la storia che nasce dalla mia visione della società, dalla mia sensibilità: per esempio non ci sarà la canonica trasformazione dello schiaccianoci pupazzo in principe, ma una trasformazione più sottile, contemporanea, quella che ci investe tutti i giorni, camminando per strada. Marie, la protagonista, incontra da subito il suo principe, ma non lo capisce. Lo scopre lentamente, attraverso l’innamoramento. Ancora, il Re dei topi e il suo esercito sono i ragazzi bulli, compagni di François, i bad boys che incarnano quell’elemento oscuro che attanaglia l’adolescenza di molti dei nostri ragazzi”.

Lo schiaccianoci messo in scena da Giuliano Peparini è una rilettura in chiave contemporanea dal forte taglio teatrale. L’interpretazione della partitura musicale è affidata al direttore Nir Kabaretti, frequente ospite per gli spettacoli di balletto del Teatro dell’Opera di Roma. Kabaretti e l’orchestra hanno reso molto bene i tremori ed i languori sottostanti quella che può sembrare una semplice fiaba natalizia per piccini.Molto belle le scene a Lucia D’Angelo e Cristina Querzola, i costumi a Frédéric Olivier, la videografica a Gilles Papain e le luci a Jean-Michel Désiré. Un vero incanto anche per i numerosi bambini in sala.

Dello spettacolo sono programmate dieci repliche sino all’inizio di gennaio, Quindi, si alternano vari cast specialmente nei ruoli principali. Il 24 dicembre i due protagonisti erano Susanna Salvi e Michele Satriano; splendidi specialmente nel pas de deux finale (in gran misura basato sulla coreografia originale di Ivanov e PetiPa). Ottimo Claudio Cocino nel ruolo dello zio Drosselmeier ed molto buono Antonello Mastrangela in quello di bad boy. Di grande livello il corpo di ballo del Teatro dell’Opera impegnato in numerose parti.

Molti applausi da spettatori grandi e piccoli.