Nella notte tra sabato e domenica in Calabria, precisamente a San Pietro Lametino (nel sud di Lamezia Terme), il Gruppo Callipo è stato vittima dell’ennesimo atto intimidatorio da parte delle cosche malavitose. Ennesimo sia per il territorio calabrese, che per il solo gruppo noto a livello internazionale soprattutto per la produzione e l’inscatolamento di tonno, e che nuovamente si è costituito in alcuni spari esplosi contro un edificio industriale, in questo caso il magazzino.



Pippo Callipo, che non a caso è noto in tutta Italia come il ‘Re del tonno’, dirige l’azienda che ha usa storia centenaria e ha parlato della sua Calabria sulle pagine del Corriere della Sera. Una terra per la quale non ha mai smesso di battersi, affermando ancora una volta che “certamente si può” fare impresa sul territorio, senza nascondere, tuttavia, che “è un rischio“. Quando ha saputo degli spari contro la sua azienda con sede in Calabria, Callipo racconta di essersi commosso “perché ho pensato ai miei 500 dipendenti, che sono l’anima dell’azienda. È come se quegli spari”, racconta amaramente, “avessero attino anche loro”, ma non per questo si lascia intimidire.



Callipo: “In Calabria sono le istituzioni che non funzionano”

“Da decenni”, racconta ancora Callipo, “lotto per cambiare lo stato delle cose” nella sua Calabria, perché “questa è una regione dove la legalità, il senso civico, le infrastrutture, sono fattori che molti ignorano”. La sua battaglia, racconta, è soprattutto per i giovani, ai quali non manca mai di dare lavoro perché “vanno tutti via dopo la laurea” e chi rimane “è costretto a lavorare in nero. Una vera piaga. Non c’è attività che non sia piena di giovani mal pagati e sfruttati”.



Ciò che non funziona in Calabria, spiega Callipo, sono soprattutto le istituzioni, e ricollegandosi al discorso sui giovani sfruttati e malpagati, sottolinea che “la politica, i sindacati, l’ispettorato del lavoro, sono tutti consapevoli di questo fenomeno” ma “nessuno fa qualcosa per arginarlo”. Tentò, in passato, anche la via politica, proprio per portare la sua battaglia da un livello, in qualche modo, superiore, ma oggi Callipo ricorda che l’esperienza nel Consiglio regionale della Calabria “mi stava portando al suicidio. Sono stato tradito dalla stessa mia coalizione di centrosinistra”, racconta, che lo fece “firmare documenti che non avrei dovuto firmare”.