Di sicuro l’11 febbraio 2009, in occasione dell’amichevole di lusso tra Italia e Brasile, Amauri Carvalho de Oliveira sarà in campo. Piccolo dettaglio da chiarire, con quale maglia. Follie dell’era moderna. O forse no, visto che i precedenti di noti oriundi c’erano anche quanrant’anni fa. Fatto sta che lo juventino, di fronte al dilemma se giocare per la nazione che gli ha dato i natali o per quella che l’ha formato professionalmente e umanamente, non sa che fare. Senza nascondersi, dal momento che ha sempre sostenuto che ad un’eventuale chiamata di Dunga non avrebbe potuto dire di no. Ma la chiamata non è arrivata, nemmeno per l’amichevole.



E Lippi se la gode, dal momento che in questo modo avrà la possibilità di chiamarlo per la partita di febbraio, sperando che la burocrazia faccia il suo corso e che arrivi il passaporto, anche grazie al lavoro della federcalcio che sta cercando di accelerare i tempi. A quel punto, niente potrà più ostacolare l’ingresso dell’attaccante in azzurro, che già da tempo ha dichiarato che «se quando avrò il passaporto italiano non sarò ancora stato convocato da Dunga e Lippi mi chiamerà, risponderò di si». Intanto chi non vede l’ora che Amauri diventi italiano è la Juve. Un Amauri azzurro eviterebbe ai bianconeri di doversi privare del giocatore per troppo tempo a causa dei frequenti voli in Sud America per gli impegni con la Selecao. Inoltre una volta ottenuto il passaporto, il 28enne libererà un posto da extracomunitario nella rosa juventina.

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