L’Inter è sempre li, in vetta. Mourinho o Mancini, sono anni oramai che la squadra di Moratti guarda tutti dall’alto. E’vero, qualche problema in questo avvio di stagione l’ha avuto e ha dovuto abdicare il primo posto ai “cugini” qualche domenica fa.
Ma ora si è ripresa il trono e il Milan è tornato lì, sei punti dietro, come la Juventus. Fuga? Forse no, di certo meglio essere sei punti avanti piuttosto che sei punti dietro. Perché il gioco del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto lo si può fare sempre: è vero che Mourinho ha iniziato la stagione con un trofeo, però la vittoria nella Supercoppa contro la Roma è arrivata solo ai rigori e poi è un trofeo minore; è vero che l’Inter ha centrato la qualificazione, ma è vero anche che l’ingresso agli ottavi è arrivato dopo una brutta sconfitta in casa. Tutto vero, come anche la sconfitta nel derby e il gioco bello solo a tratti. Ma qualsiasi opinione non reggerà mai il confronto con un fatto: a tre mesi dall’inizio del campionato l’Inter è avanti di sei punti. Cosa potrà mai turbare allora siffatta situazione, con la quinta vittoria consecutiva, la terza in casa ai danni di Udinese, Juventus e Napoli? Come sempre ce lo spiega Mourinho: «Scendere in campo a San Siro per noi non è facile perché ogni qualvolta andiamo in difficoltà ci sembra di giocare fuori casa. I miei giocatori devono sapere che quando non giocano bene restano soli, infatti soltanto la Curva, che ringrazio, è pronta ad appoggiarci sempre e comunque. Il campionato sta entrando in una fase importante, se non decisiva, e la squadra quando gioca a San Siro merita di più. Lo stadio non è solo la curva. Se i tifosi non vogliono venire allo stadio perché sono delusi, io lo accetto, possiamo fare meglio, siamo primi ma possiamo giocare meglio e vogliamo farlo. Se invece perdiamo una partita, i tifosi possono fischiare me, io non sono un tipo che si nasconde, anzi: dopo una vittoria me ne vado subito negli spogliatoi, mentre quando perdiamo resto in campo, come avete visto tutti dopo la sconfitta col Panathinaikos. Ecco, se vogliono, i tifosi possono fischiarmi, ma per i miei giocatori voglio più protezione».
Un Mourinho che, smessi i panni del generale cui ultimamente ci aveva abituati, indossa quelli del padre protettivo che difende i suoi uomini. La querelle contro il loggione si era già scatenata qualche domenica fa, col gesto del dito sulla bocca rivolta alla tribuna. Una storia che si ripete, dopo che anche Mancini aveva mostrato una certa rottura con una parte della tifoseria. Il portoghese, com’è tipico del suo carattere, è stato ancora più chiaro, salvando la curva e indirizzando la sua critica ad un settore ben preciso della tifoseria, quello che probabilmente sente di più perché proprio alle spalle della panchina. Il messaggio è stato mandato, vedremo ora come il pubblico nerazzurro risponderà all’appello.